Riceviamo e pubblichiamo, con l’augurio che possano seguire altre iniziative del genere.
Lo scorso 27 agosto, al termine della conferenza tenuta al Boetico vegan festival di Bologna, avevamo lanciato un chiaro messaggio verso chi sta mercificando gli ideali di liberazione per il proprio lucro personale.
Un fenomeno che sta riducendo veganismo e antispecismo, espressioni di una lotta politica contro il sistema specista, capitalista e consumista, a mere scelte alimentari, prodotti industriali, marchi e certificazioni.Un messaggio ripreso e approfondito sabato 24 settembre nel corso del VegFest a Gambettola, dove siamo intervenuti con la conferenza l’antispecismo ai tempi dell’industria.
Nel corso della conferenza abbiamo cercato di fornire una panoramica sul momento storico che l’antispecismo sta attraversando, già preda di quei meccanismi industriali che puntano ad assorbire tutto quello che viene ritenuto scomodo o, meglio ancora, una possibile fonte di guadagno.
Il veganismo, parte integrante e punto di partenza del percorso antispecista, da qualche tempo è sotto attacco da chi ha individuato una papabile nuova fascia di consumatori da poter rendere schiavi di apposite linee di prodotti, reparti vegan all’interno deisupermercati, e certificazioni fittizie che stanno, di fatto, appiattendo la lotta.
Interpretati spesso come segnali di un’imminente cambiamento e accolti con un’ingiustificato giubilo, queste espressioni del mercato non sono altro che strategie di marketing volte a mantenere tutto invariato, arginando la fuga di quei consumatori sulla carta più critici, e che invece accettano di rimanere schiavi e complici di quello stesso sistema dal quale dovrebbero prendere le distanze.
Ma non si può auspicare la liberazione totale se chi dice di condurre questa lotta è esso/a stesso/a schiavo/a e dipendente da ciò che vomita o meno il mercato.
Un’aspetto, quest’ultimo, che deve condurre a rivedere drasticamente il significato ultimo di veganismo, un termine che dovrebbe sottintendere non solo il rifiuto di consumare qualsiasi tipo di prodotto di origine animale, ma anche quelli la cui realizzazione abbia causato un qualche tipo di sfruttamento degli stessi.
Definire vegan un prodotto industriale che contiene sostanze di origine tropicale, realizzato da multinazionali, il cui confezionamento da origine alla produzione di numerosi rifiuti significa non avere chiaro il fine ultimo di questa lotta.
Una questione che riguarda sopratutto chi si avvicina al veganismo, e che in questo momento potrebbe ricevere una visione distorta e fuorviante di quello che in teoria dovrebbe essere il preludio alla lotta per la liberazione animale, ma che spesso viene introdotto attraverso i sui aspetti più sterili, come quello salutista o alimentare.
Questo anche grazie alla promozione da parte di alcuni gruppi di iniziative che invitano a “praticare” il veganismo per una settimana, fino ad una certa ora della giornata, seguendo determinate indicazioni come se si trattasse di provare una macchina appena acquistata, da poter restituire se non soddisfatti.
La politica dei piccoli passi, l’antispecismo debole, l’illusione che il cambiamento possa derivare da quello stesso sistema che il problema l’ha generato, non stanno facendo altro che distogliere l’attenzione dal fine ultimo della lotta per la liberazione animale, umana, della Terra, e su come dovrebbe essere condotta.
Alimentando così quel sempre crescente attivismo da tastiera, tra chi già propone di abolire la parola antispecismo, come se il problema derivasse dal termine e non da chi se ne appropria senza giusta causa, e tra chi offre pubblicità gratuita ai prodotti industriali vegan vomitati dal mercato, e a chi il veganismo lo sfrutta per riempirsi le tasche.
Anche per queste ragioni abbiamo ritenuto doveroso, oltre che naturale, aprire la conferenza esprimendo solidarietà ai popoli che resistono, a chi ogni giorno si impegna in prima persona nel tentativo di preservare e affermare quegli stessi ideali di liberazione che dovrebbero contraddistinguere anche il veganismo, l’antispecismo e chi si definisce tale.Perché il veganismo non è una moda né una dieta, perché l’antispecismo non è un business, ma una lotta per la liberazione totale che non deve trascurare alcuna vittima di prevaricazione, dominio e sfruttamento, perché nessuno/a è veramente libero/a se non siamo liberi/e tutti/e.