Quel filo rosso che porta dai polli ai/alle migranti di piazza indipendenza

Riceviamo e pubblichiamo uno scritto anonimo che, in un periodo di confusione e lapidazione dei valori originali come quello attraversato dall’antispecismo, aiuta a distinguere tra animalismo e lotta per la liberazione animale: ovvero quel tutto che non trascura alcun vivente.
Un filo di prevaricazione (agganciandoci al titolo) che colpisce chi viene considerato scomodo, inutile o utile solo se funzionale al sistema antropocentrico e, quindi, ridotto a strumento del capitale per il capitale.

Sono più che certo che in molti s’incazzeranno, molti s’indigneranno nel leggere che anche dinanzi a rifugiati, donne, bambini, prima sgomberati dai loro alloggi, poi nuovamente sgomberati da Piazza Indipendenza, e infine malmenati, picchiati, manganellati e caricati, c’è chi si “permette” di paragonare la condizione dei subalterni umani a quella dei subalterni non umani. Molti si porranno, e porranno ad altri, una domanda del genere: “Sto coglione è capace di paragonare la condizione dei senza casa, nonché rifugiati, che vengono caricati dalla polizia, a quattro polli?!”. Sì, e lo faccio proprio perché ci si pone ancora quella e altre domande del genere. Lo faccio perché quelle domande si chiamano specismo.
Lo faccio perché c’è un grosso nodo che unisce le richieste di quelle persone picchiate e sgomberate a Roma, come ovunque nel mondo, e quella di milioni di animali non umani: una richiesta che rivendica il diritto all’esistenza e alla propria soggettività.
La rivendicazione di questo diritto si scontra però con la imposta e violenta superiorità dei padroni i quali, ad ogni costo, devono proteggere i propri interessi, le proprie prerogative e proprietà (vantate o giuridicamente riconosciute). Ovviamente protetti dallo strumento della giustizia legalista, statalista e poliziesca.
Accade così che in questi giorni, milioni di polli, ma anche tacchini e oche, vengono abbattuti a causa del rischio aviaria. Questo succede soprattutto nel Nord Italia così come nel resto d’Europa. L’abbattimento di questi soggetti è dovuto alla salvaguardia della salute umana. Un’azione non nuova se solo se pensi che già tra la fine dal 2016 e l’inizio del 2017 in Germania sono state uccise decine di migliaia di anatre, tacchini e polli, mentre in Francia oltre un milione di oche sono state abbattute per lo stesso motivo. Come dimenticare inoltre come all’inizio degli anni 2000 migliaia di mucche vennero uccise a causa della encefalopatia spongiforme bovina, più nota come mucca pazza.
La necessità è quella di marginalizzare, estromettere e sottomettere, anche attraverso l’eliminazione fisica, quei soggetti che mettono in pericolo le prerogative, le ricchezze e le proprietà del potere.
Accade così che milioni di nativi americani vengano sterminati perché arrivano i puliti e bianchissimi europei, oppure che quei bruti di contadini meridionali vengano uccisi e derubati delle loro terre prima dai Borbone e poi dai garibaldini, Savoia e dallo Stato italiano; o anche che i Mapuche vengano cacciati dalle loro millenarie terre di origine per far posto ai vari Benetton e capitalisti della lana; o anche che i Kawahiva dell’Amazzonia siano costretti a scappare perché le loro terre fanno gola ai taglialegna e alle grandi
industrie dell’agribusiness. Così come sono perseguitati i curdi e tutte le minoranze culturali che devono lasciare il posto, a suon di fucilate, arresti e sparizioni, ai poteri che s’impongono sui territori. Senza dimenticare inoltre le quotidiane violenze che donne, lesbiche e gay sono costretti a subire da parte dei padri padroni e dal maschilismo e machismo opprimente.
Tutte queste vicende altro non sono ciò che l’applicazione materiale di un’idea di società che il potere decide di imporre: il mondo appartiene agli umani, meglio se maschi, bianchi, eterosessuali e “normodotati”, e le città servono a muovere capitali (basta anche solo guardare come durante le nevicate le prime e quasi sempre uniche strade ad essere liberate sono quelle principali che servono per portare le persone a lavoro).
È il potere che necessita di fagocitare tutto ciò che è possibile usurpare per generarsi e rigenerarsi. Necessita di spazzare via come cenere ogni possibilità di riconoscimento della dignità all’esistenza di miliardi di altri soggetti, siano essi animali umani o non umani.
Infatti, cosa succederebbe se ad esempio si riconoscesse il diritto per tutti a migrare e dimorare ovunque senza la necessità di un documento? Cosa succederebbe se il potere riconoscesse ai popoli nativi e alle minoranze culturali di abitare le loro terre liberamente?
Cosa succederebbe se gli umani riconoscessero agli animali non umani la loro capacità di essere senzienti, di provare dolore, piacere e, molto più genericamente, il loro diritto ad esistere? Se capitasse questo, il potere costituito cadrebbe, e bisognerebbe ridiscutere tutte le regole che finora l’hanno legittimato.
Tutta questa opera di restrizioni, rastrellamenti, uccisioni e marginalizzazioni, servono per tenere tutto sotto controllo, tutto bello, ordinato e pulito. Per questo, come i topi vennero additati come causa della peste bubbonica che scatenò la morte di milioni di esseri umani a metà del XIV secolo, così da relegare gli stessi topi ai margini delle città, fin dentro le fogne appunto, anche i migranti di oggi sono additati dalle destre xeonofobe e razziste come portatori di malattie pericolose di quei padroni umani, bianchi, maschi, eterosessuali e “normodotati” di cui sopra. Non a caso Paola Basilone, la prefetta di Roma, ha affermato
che i rastrellamenti di Piazza Indipendenza sono stati necessari per eseguire “un’operazione di cleaning, di riportare l’ordine”. Guarda caso, tutta la normativa anni ’80 e ’90 che ha legittimato i respingimenti, l’istituzione dei primi CPT e dei massicci rimpatri, parlava del rischio sanitario per la bella e sana popolazione sacro-catto-italica-romana a causa dell’arrivo di tanti negretti e albanesi. E guarda caso, secondo uno slogan negli ultimi tempi molto in voga, soprattutto tra gli ambientalisti radical-chic, quelli che magari si sentono puri perché hanno acquistato la loro bella salsiccetta bio di un maiale allevato tra mille coccole, abbracci e sorrisi – salvo poi finire sgozzato come tutti gli altri -, ma che almeno su facebook ti permette di pubblicare la fotografia con la frase “ma che carino”, i cani in spiaggia non devono andare perché “sporcano” e poi bisogna fare “un’operazione di cleaning”, e se questi cani corrono tra gli ombrelloni mentre prendo il sole per fare il figo quando torno in città, sarebbe dunque necessario “riportare l’ordine”. Insomma, proprio come succede per i richiedenti asilo di Piazza Indipendenza.
Una cosa vorrei sia chiara: non sto strumentalizzando i rastrellamenti di Piazza Indipendenza per scopi antispecisti (tra l’altro, sono sicuro nessuno si scandalizzerebbe se avessi paragonato gli avvenimenti di ieri solo ed esclusivamente ad altre repressioni umane), ma sto cercando di far apparire com’è evidente la comune radice di dominio che opprime tutte le parti “deboli”. Sto cercando di rendere palese com’è necessario riconoscere l’identità delle lotte sociali, riconoscere insomma ciò che unisce le istanze sociali di quella che dovrebbe essere considerata come un’unica lotta di classe, indipendentemente dall’appartenenza di genere e di specie, perché ciò che unisce il dominio degli animali non umani a quello degli umani sugli umani, è la salvaguardia del potere.