A per Antifascismo Anarchia Antispecismo

L’antifascismo è, senza possibilità di interpretazioni, uno degli inconfutabili valori che caratterizzano l’antispecismo, nel completamento di un percorso politico liberazionista che, per ritenersi tale, punta all’annientamento di ogni espressione gerarchica, verticistica, prevaricatrice e di dominio propria del fascismo stesso.
Fascismo che in questi ultimi anni, grazie anche alla complicità di un ambiente animalista pericolosamente apoliticizzato, si è subdolamente infiltrato in una lotta per la liberazione totale che affonda le sue radici nell’anarchia.
A tal proposito proponiamo un volantino (estratto dal dossier Attent* all’intruso: le destre eco-animaliste e disponibile anche in inglese) ripreso da piattaforme antagoniste come Insurrection News e Earth First! Journal: canale informativo simbolo della lotta per la liberazione della Terra e di ogni vivente.

Volantino in formato A5 scaricabile a questo link

Proposte ricreative per un “antispecismo” istituzionale

In periodo elettorale tutto è permesso pur di racimolare voti, e nel magna magna generale può capitare di dimenticare uno dei principi fondamentali che determinano antispecismo e anarchia, strumentalizzando ciò che è antigerarchico e antiautoritario per definizione.
Riceviamo e pubblichiamo di seguito la riflessione di Libera Bonaventura.

In tempo di elezioni si assiste ad un vero e proprio mercato dove ognuno gareggia con la bancarella affianco offrendo il massimo al minor costo per l’acquirente.
E così, come per ogni magnifica promozione, sul volantino elettorale vengono lanciate delle offerte incredibili in base all’andamento della domanda di mercato.
Tutto ciò che ti serve i partiti te lo possono dare.

Sei un miliardario e, che so, vuoi pagare meno tasse? Tieni la flat tax!
Hai una casa in campagna e sei spaventato dai negretti brutti, sporchi e cattivi? Tieni la pistola e la legittima difesa sempre garantita!
Sei una signora anziana, magari che cammina a fatica, e prendi 500 euro di pensione dopo avere lavorato tutta la vita? Tieni 1.000 euro garantiti! Sei un giovane disoccupato in cerca di lavoro, ma non vuoi andare all’estero? Ecco servito il reddito di cittadinanza!
Dimmi dimmi, che ti serve? Che so, credi si stesse meglio quando si stava peggio e rivuoi la lira? Tò, usciamo dall’euro.
Oppure credi che non ci siano più le mezze stagioni? Dai che mo investiamo sulle energie rinnovabili e ti fai il tetto di casa con il fotovoltaico così tornano le stagioni di una volta e pure le mezze.
Magari sei un giovinotto di periferia ma vuoi andare all’università e non sai come campà? Non ti preoccupare, giovane, te le levo io le tasse universitarie.
Aspetta aspetta, fammi indovinare: hai un cagnolino bello pulito con cappottino annesso, lo porti alla spa a farsi le unghie con la tua Audi, e ti lamenti del maltrattamento degli animaletti poverini indifesi e se non ci pensi tu chi ci pensa? C’è un partitino anche per te!
Però, ma c’è un però: ti dà fastidio chi maltratta i cagnolini, per questo vai alla manifestazione sotto casa a gridare “Viva i cani che son meglio degli umani!”, “viva i gatti che puzzan anche meno dei ratti!” e “salviamo i dromedari ma buttiamo in mare gli extracomunitari”, ma non vuoi rinunciare alla tua bistecchina con olio, sale e un pizzico di limone che come la prepari tu non la prepara nessuno perché ti ha dato la ricetta zia Nella e ti esce proprio un bijoux che guarda…? Non ti preoccupare, la Brambilla ti da la soluzione: famo un partito, ci scriviamo animali e qualche scemità affianco, andiamo in piazza inferociti per chiedere che anche i cani possano entrare al ristorante, poi facciamo qualche cena di raccolta fondi per il gattile del quartiere e vedi che la bistecca te la puoi mangiare.
Eh sì oh, mica puoi pensare a tutto tu: hai gridato al sit-in? Sì!
Hai messo 5 euro per comprare il calendario e 2 euro per la spilletta della tua onlus preferita? Sì!
Mbè, la coscienza è linda, bella e profumata proprio come il culetto di un bambino. E poi, sta a vedere che mo Berlusconi faceva finta quando coccolava l’agnellino a Pasqua?
Uno l’hai salvato: l’hai comprato dall’allevatore? Sì! Apposto amico. Non puoi pensare a tutto tu!
Il problema è quando c’è il cagacazzi di turno che dice: “eh mo arriva la Brambilla e crede di salvare tutti gli animali di sto mondo! Ridicola! Io vado in piazza da vent’anni, mi faccio un culo così per i polli, le galline, le mucche, i tori, le anatre, i conigli e chi più ne ha più ne metta, e questa mi vuole rubare il posto in Parlamento!”
Là, a quel punto che fai? Vai dal partito più a sinistra che conosci.
La sinistra del PD? No.
Liberi e Uguali? Oh compà, là c’abbiamo Grasso, ex magistrato, ex presidente del Senato, un uomo tutto d’un pezzo e la sua onestà non viene messa in discussione, più a sinistra di così? No, Liberi e Uguali no.
Quelli al massimo pensano ai neri che scappano dall’Africa, non agli animali!
E poi la Boldrini non ha detto da Barbara D’Urso: “i migranti irregolari, se arrivano senza rispettare la legge (cioè senza avere il permesso di soggiorno) devono potere essere rimandati a casa”? Sì! Vedi allora che questi c’hanno altri problemi e non possono pensare agli animaletti!
Ci serve qualcosa di accattivante, di lotta, di piazza ma anche di governo.
Ce l’ho! Eccolo: Rifondazione Comunista!
Non era questo il motto di Bertinotti? Sì sì, ma roba di vent’anni fa!
E poi è tutto finito, ora non va più: sono cambiate le grafiche e gli slogan, e poi i dreadlock con la giacca e la cravatta non attizza più.
Aspè aspè, ce l’ho, questa è quella giusta: Potere al Popolo! Yuppi yuppi yuppi! Trovatoooooo!
Potere al Popolo alla riscossa bandiera rossa la conquisterà e salverà anche gli animali.
Ti prendi tutta la fetta un po’ più combattiva della Signora filo-brambilliana (ma ci sono veramente i flio-brambilliani?), che crede che senza te nessuna gabbia può chiudere e per questo ti vota perché tu, solo tu nell’universo, immensamente tu, tu gli dai il potere!
Poi c’è anche uno slogan loro che dice chiaramente: “Dare potere al popolo!”.
Quello un po’ più attento magari dice: “non sarebbe meglio che il potere il popolo se lo prenda, piuttosto che qualcuno glielo dia? Se no che accidenti di potere è?!”.
Là, in caso, questo è ancora più cagacazzi di quello di prima: tu rispondi che poi si vedrà, mo non è questo il problema, magari distrailo, offrigli un caffè, fischietta, fai lo gnorri insomma.
Deciso: Potere al Popolo!
Si organizza un bell’evento, chiami qualcuno a parlare, qualche filosofo, ci scrivi sopra che sei antispecista e vedi che alla fine qualche voto lo prendi.
Poi alla fine ripeto: tu sei l’unico che può avere il potere di liberare gli animali!
La legge è l’unica soluzione, è dal parlamento che bisogna passare!
Che cavolo: non l’hai studiata la Costituzione?
Attenzione però: mo non è che cadi nel trabocchetto di fare la cena di autofinanziamento per la campagna elettorale a base di mozzarelline DOP, prosciutto e frittatina come fanno gli altri di Potere al Popolo in giro per l’Italia? Almeno quella sera no, dai.
Perché vedi, quella cena poi ti smaschera, mica come il programma che è più nascosto e solo una persona un po’ più attenta va a notare che tu, alla fine, pure se dici di essere antispecista, appoggi una lista che a proposito di liberazione animale ha scritto:

“si deve promuovere un altro modo di allevare degli animali per la nostra alimentazione, che sia meno crudele, meno orientato ai grandi numeri, ma bensì, a riconoscere loro il diritto di una vita e di una morte dignitosa e senza sofferenza.”

Che poi sapere come conciliare la liberazione animale con uccidere gli altri animali in maniera meno crudele sarebbe interessante… ma questo fai finta che non te lo chiede nessuno.

Beware of the intruder: the italian eco-animal fascists

Fascism has always been clearly present in the democratic dynamics, but, most of the times, historically little followed by the masses.
Nowadays it is different.
The extreme right, to garner consensus, moves massively behind the scenes.
One such example are the infiltrations by fascists in the world of animal rights activism which, in Italy alone, has hundreds of thousands sympathizers.
Hidden in disguise, camouflaged among the conformist environments, fomented by a passive (as much as guilty) acceptance of an always increasing repressive climate it resurfaced marked by the usual intolerant, xenophobic, squadrist and sectarian attitude, finding an easy proliferation in environments, among individuals and groups that define themselves “apolitical”.
And if names and symbols of old and new acquaintances are at this point known, the situation differs in those subgroups that, managed directly by the far-right, are anyhow able to infiltrate ecologist and animal rights environments (exploiting and distorting the nature itself of the fight for animal liberation) hidden behind captivating logos, misleading names and empty words which are unknown to them: respect, solidarity, freedom, equality.
The Brambilla’s Movimento Animalista, for all purposes a satellite party of Forza Italia, as well as a functional tool fora desperate search for easy electoral springboards in an attempt to re-launch forgotten personalities, is just among the latest expressions of those derivations which lists among their pioneers the group 100% Animalisti.
Originating from Forza Nuova, 100% Animalisti then have given rise to Fronte Animalista, entity around which groups that define themselves like apolitical orbit, as Cani Sciolti, Iene Vegane and Meta, but that don’t disdain collaborations with the right.
Behind the flag of apoliticism and of the independence from political parties, endorsing themselves through those by now common expressions as “animals are not interested in politics”, “for animals anything goes”, the group 100% Animalisti spread proselytisms discrediting the antispeciesist fight, inviting people (on their website) to be suspicious
of those who define themselves as antispeciesists: “behind this word lie professionals of the red politics”, ignoring that antispeciesism originated from a rib of the anarchist movement.
“…don’t trust those who defend only dog and cats, for Centopercentoanimalisti (100% Animalisti, translator’s note) all animals are equal” (taken from their website)
Even if during one of their incursion (of which we propose the video) into the ex breeding facility Harlan, in Correzzana, it can be heard an activist’s voice that invites other activists to go away because there are “only” mice in the cages.
Under the control of Casa Pound, in addition to Blocco Studentesco and the mountain hiking organization La Muvra, there is La Foresta che Avanza: ecologist group that behind a captivating name and using the colors of the Green Anarchy, promotes and spreads hierarchical and governmental ideologies which have nothing to do with the fight for earth liberation.
Mention should be made, too, of Memento Naturae, umpteenth entity which is not sided politically, but that over the years (as it is pointed out in the dossier Conoscerli per Isolarli) in addition to collaborations with the Swiss Nazi group Offensiva Animalista, often demonstrated together with associations like Roma For Animals, Istinto Animale, PAE (Partito Animalista Europeo, European Animal Rights Party) and Animal Amnesty.
With this we aren’t claiming that the latter is a group of fascist derivation, but the politically indifferent tendency is also a result of the lacking of opposition by many animal rights entities, which this way facilitated and supported the above-mentioned infiltrations.
Lealtà Azione, emerging neofascist group, in addition to Bran.Co Onlus, Lupi delle Vette (hiking group along the lines of CAI), Memento, Wolf of the Ring (sports division), controls also I Lupi Danno la Zampa: animal rights entity that over the current weeks is organizing food drives for animals in the pet stores Arcaplanet in different cities, including Florence and Udine.
Notwithstanding the immediate protest of many customers, Arcaplanet (as the following image demonstrate) refuted the claims against them, thus supporting the actions of these groups and underlining that every association is welcome since they always side with those who love animals, ignoring that human beings are themselves animals.
Offering spaces to this groups means supporting them, contributing directly to this new fascist wave, allowing its penetration in every environment.
Antispeciesism is antifascism, as antifascism must necessarily look at antispeciesism toward the destruction of any dynamic of power, dominion and oppression of living beings.

Italian version

Green Hill non è finito/Green Hill is not over! (italian/english)

In merito ai/alle numeros* complici di stato e capitale sotto processo nelle prossime settimane, e per rammentare che la lotta per la liberazione animale non è un hobby, non deve conoscere sosta e non è finita.
Pubblichiamo di seguito il testo ricevuto da Earth Riot.

Una data storica: Green Hill viene posto sotto sequestro.
Alle spalle una campagna partita dal basso che per più di due anni ha portato migliaia di persone in piazza a lottare contro una multinazionale della vivisezione, ma soprattutto contro ogni luogo di sfruttamento e ogni forma di dominio.
Un evento unico e indelebile nella lotta di liberazione totale.
Una testimonianza di come l’attivarsi in prima persona e il non delegare a istituzioni e associazioni siano l’essenza e la forza di ogni lotta.
Ma questa data non può e non deve ricordare “solo” i 2639 beagles scampati all’inferno dei laboratori.
Il sequestro e poi la chiusura di Green Hill hanno rappresentato la salvezza per tutti gli individui che vi erano rinchiusi ma, al tempo stesso, anche un colpo ben assestato all’interno di una lotta dai forti contenuti politici: non era solo un allevamento della Marshall ad esserne minacciato.
La realtà degli allevamenti e dei laboratori non era più invisibile.
La forza dell’azione diretta era sotto gli occhi di tutti.
Non si voleva solo la liberazione di quei cani, ma di ogni individuo rinchiuso in un luogo di tortura e sfruttamento.
Si stava riuscendo a mettere in discussione l’intero sistema capitalista su cui si basa la società in cui viviamo.
La chiusura di Green Hill è stata fatta sembrare una decisione arrivata dall’alto in virtù di leggi, giudici e gendarmi, un calcolato specchietto per allodole.
L’allevamento era chiuso e i beagles salvi.
Una vittoria appagante che ha segnato la fine di una mobilitazione già smembrata da strumentalizzazioni e infiltrazioni qualunquiste e destrorse.
Così l’onda della rivoluzione si è inesorabilmente infranta.
Al grido di “tutti uniti per gli animali” si è ricominciato a delegare, a svuotare di significato il concetto stesso di antispecismo.
Tra tessere di associazioni e false promesse di politici complici e raccatta voti, i vivisettori hanno potuto tornare ad agire indisturbati.
Anche la “questione Green Hill” non interessa più a nessuno.
Da Montichiari non partono più cani verso i laboratori, ma la vivisezione continua a esistere, può sembrare scontato e banale ma purtroppo va ricordato.
E il silenzio è cosi provvidenzialmente caduto anche sul processo che vede imputati (oltre a 3 dipendenti) i veterinari dell’Asl di Brescia, distretto di Lonato del Garda, responsabili dei controlli a Green Hill: Silini Roberto e Giachini Chiara.
Hanno scelto il rito abbreviato per evitare la radiazione dall’albo.
Si sono resi complici per anni di maltrattamento e uccisioni dei cani “difettosi”: affetti da patologie curabili ma economicamente svantaggiose.
Hanno omesso di effettuare i controlli previsti dal D.Ivo 116/1992 e dagli artt 99 e ss del Testo Unico Leggi Regionali in materia di sanità (Legge Regionale n 33 del 30 dicembre 2009).
Hanno comunicato in anticipo le ispezioni programmate dall’Asl di Brescia, dalle Autorità Sanitarie Regionali e dal Ministero della Salute.
6023 decessi tra il 2008 e il 2012.
Se non si tiene alta l’attenzione su questo processo (calendarizzato per il 7 febbraio prossimo) anche questi integerrimi veterinari dell’Asl se la caveranno con una condanna irrisoria.
Come abbiamo visto per Graziosi Renzo, il veterinario alle dipendenze di Green Hill, responsabile di migliaia di uccisioni ingiustificate, condannato recentemente in via definitiva a un anno e sei mesi (che non sconterà) e a sei mesi di sospensione dall’esercizio della professione e che tornerà ad esercitare il 24 marzo 2018.
Più che una condanna la definiremmo una vacanza.
Non ci accontentiamo della chiusura di un allevamento. I suoi complici devono pagare.
Allevamenti e luoghi di oppressione ce ne sono e saranno in ogni luogo.
La lotta per la liberazione animale e della terra non è a intermittenza e non è finita!

English Version

GREEN HILL IS NOT OVER!

July 18th, 2012
An historical day: Green Hill is tied up by authorities.

Before that date, a grass root campaign drove thousands of people to streets and demos and demonstrations against Marshall Bioresources, owner of Green Hill beagles farm and one of the biggest vivisection multinational companies in the world, and against any cage, any form of slavery and exploitation, and form of dominion.
The campaign lasted for more than two years. The thousands of activists that took part wrote some of the most inspiring and exciting pages of the total liberation movement history.
What happened clearly demonstrated how common people, with their own forces only, with no delegation to parties of big associations, could fight against and win over a giant of capitalism.
That day, 2639 beagles could exit those gates and escape from their fate.
But that day was far more that this. It was the day that it was clear to everyone how direct action and grassroot activism could break the wall of silence, show what lies beneath closed doors of labs and breeding farms. It was the day people realized to have the power to fight and set free anyone whose life is segregated in cages, prisons, laboratories.
It was the day capitalism was menaced by the mere force of protesters. The day today’s society heard its foundations cracking sounds.
But that day it seemed that Green Hill gates could be shut down by authorities, rules and laws, police and judges only. The truth was concealed behind a curtain of normalization. The power started to narrate the tale of good government, good laws, animal welfare, isolated cases of “horror farms” and “inhumane behaviour”.
Good laws and good judges ordered to shut the farm down. Beagles could be saved.
The campaign, already weakened by right wing infiltrations, melted like snow.
Revolution wave shattered and died.
Any urge of change and justice was buried under the “together for animals” and “we are their voices” and “animals do not care of politics” empty slogans. People, once again, gave their power up and let other to fight for them. To decide on their behalf.
Green Hill gates were shut down, beagles were free and safe.
The whole matter could be forgotten.
No more cargos are leaving Montichiari (the town where the breeding farm was located).
But vivisection is not over.
Only, nobody seems to care any more.
At the same time, nobody seems to care about the trial that is going on against three former Green Hill workers and two ASL (governative institutions that is in charge of animal welfare in labs, farms, etc.) vets that were in charge of Green Hill inspections, Roberto Silini and Chiara Giachini.
They are under indictment for animal abuse, and the killing of thousands of “defective” dogs. Dogs that were affected by patologies that could be cured, but whose cure was considered anti-economic. A loss for the company.
The two vets are also accused to have constantly informed Marshall managements of governative inspection calendars and of any ongoing investigation.
Between 2008 and 2012 6023 dogs have been killed.
On February 7th it will be held the probably last hearing of the trial. Should we let it go on quietly and secretly, these people will never pay for their crimes.
As already happened to Green Hill veterinary, Renzo Graziosi, that has been sentenced to one year of prison (sentence suspended) and six months of professional interdiction (a kind of holiday, isn’t it?).
To us, the Green Hill shut down is not enough. Its accomplices, those who cooperated to torture and kill thousands of animals must pay.
Farms, labs, exploitation sites exist and will continue to exist all over the world.
Our fight for Animal and Earth Liberation is not over. Our fight for Animal and Earth Liberation will never stop!

Fonte: Earth Riot

“Cavalli” di Troia: le destre eco-animaliste

Il fascismo è sempre stato, in modo palese, presente nelle dinamiche democratiche, ma, nella maggior parte delle volte, storicamente poco seguito dalle masse.
Oggi è diverso.
L’estrema destra, per avere consensi, si muove in modo massiccio dietro le quinte.
Un esempio su tutti sono le infiltrazioni fasciste nel mondo dell’animalismo che, solo in italia, conta centinaia di migliaia di simpatizzanti.
Nascosto sotto mentite spoglie, mimetizzato tra gli ambienti perbenisti, alimentato da una passiva (quanto colpevole) accettazione di un sempre crescente clima repressivo è tornato a galla contraddistinto dai soliti atteggiamenti intolleranti, xenofobi, squadristi e settari, trovando facile proliferazione in ambienti, tra singoli e gruppi che si definiscono “apolitici”.
E se nomi e simboli di vecchie e nuove conoscenze sono ormai noti, diverso è il discorso per quei sotto-gruppi che, gestiti direttamente dall’ultradestra, riescono ugualmente ad infiltrarsi negli ambienti eco-animalisti (strumentalizzando e distorcendo la natura stessa della lotta per la liberazione animale) nascosti da loghi accattivanti, sigle ingannevoli e parole vuote a loro sconosciute: rispetto, solidarietà, libertà, uguaglianza.
Il brambilliano Movimento Animalista, a tutti gli effetti un partito satellite di Forza Italia, oltre che strumento funzionale alla disperata ricerca di facili trampolini elettorali nel tentativo di rilanciare personaggi dimenticati, è solo tra le ultime espressioni di quelle derive che vede tra i suoi pionieri i 100% Animalisti.
Provenienti da Forza Nuova, i 100% Animalisti hanno poi dato origine a loro volta al Fronte Animalista, realtà attorno alla quale orbitano gruppi che si definiscono apolitici, come Cani Sciolti, Iene Vegane e Meta, ma che non disdegnano collaborazioni con la destra.
Dietro la bandiera dell’apoliticità e apartiticità, auto-sostenendosi attraverso quelle ormai sdoganate frasi qualunquiste tra cui “agli animali non interessa della politica”, “per gli animali va bene tutto”, i 100% Animalisti diffondono proselitismi screditando la lotta antispecista, invitando (sul loro sito) a diffidare da chi si definisce tale: “dietro questa parola si nascondo professionisti della politica rossa”, ignorando che l’antispecismo nasce da una costola dell’anarchia.

…diffidate da chi difende solo cani e gatti, per Centopercentoanimalisti tutti gli animali sono uguali! (tratto dal loro sito)

Anche se nel corso di una loro irruzione (di cui vi proponiamo il video) all’interno dell’ex allevamento Harlan, a Correzzana, si può sentire la voce di un attivista che invita gli/le altr* ad andare via perché nelle gabbie ci sono “solo” topi.
Sotto il controllo di Casa Pound, oltre a Blocco Studentesco e l’organizzazione escursionistica montana La Muvra, c’è La Foresta che Avanza: gruppo ecologista che dietro un nome accattivante e strumentalizzando i colori della Green Aanarchy, promuove e diffonde ideologie gerarchiche e di regime che nulla hanno a che fare con la lotta per la liberazione della terra.
Una menzione la merita anche Mementonatura, ennesima realtà non schierata a livello politico, ma che negli anni (come segnalato all’interno del dossier Conoscerli per Isolarli) oltre a collaborazioni con il gruppo svizzero nazista Offensiva Animalista, è scesa spesso in piazza al fianco di associazioni come Roma For Animals, Istinto Animale, PAE (Partito Animalista Europeo) e Animal Amnesty.
Con questo non stiamo sostenendo che quest’ultimo sia un gruppo di derivazione fascista, ma la corrente qualunquista attuale è anche frutto della mancata opposizione da parte di molte realtà animaliste, che hanno così facilitato e sostenuto le suddette infiltrazioni.
Lealtà Azione, gruppo emergente neofascista, oltre a Bran.Co Onlus, Lupi delle Vette (gruppo escursionista sulla falsa riga del CAI), Memento, Wolf of the Ring (divisione sportiva), controlla I Lupi Danno la Zampa: realtà animalista che in queste settimane sta organizzando raccolte di cibo per animali all’interno degli Arcaplanet in varie città, tra cui Firenze e Udine.
Nonostante l’immediata protesta da parte di numerosi clienti, Arcaplanet (come testimonia l’immagine di seguito) ha rigettato le accuse ricevute, sostenendo così l’operato di questi gruppi e sottolineando che qualsiasi associazione è la benvenuta in quanto loro si schierano sempre dalla parte di chi ama gli animali, ignorando che l’umano è esso stesso un animale.
Offrire spazi a questi gruppo equivale a sostenerli, rendendosi direttamente complici di questa nuova ondata fascista, permettendo la sua penetrazione in ogni ambiente.
Antispecismo è antifascismo, come l’antifascismo deve necessariamente guardare all’antispecismo verso la demolizione di ogni dinamica di potere, dominio e prevaricazione sul vivente.

English version

Free John Doe: Bollywood!

Inattaccabile, coerente e privo di compromessi!
Le caratteristiche che dovrebbero contraddistinguere l’antispecismo politico radicale (necessariamente liberazionista), come espresso nell’intervento tenuto dal Contagio nel corso della scorsa edizione della Festa Antispecista, dove è stata offerta una prima panoramica su quei gruppi e singolarità che contribuiscono la mercificazione e strumentalizzazione delle istante di liberazione.
A tal proposito vi proponiamo, di seguito, il contributo (ricco di riferimenti) ricevuto da BB che permette di fare chiarezza sulla natura e gli intrecci tra la giornalista Giulia Innocenzi, Nomattatoio, Essere Animali, CIWF e Free John Doe.

Autunno. Buio. Sono le due. L’aria è fredda. Dalla terra sale bianca spessa foschia.
Il muro scrostato è facile da saltare.
La grande porta di metallo è semiaperta.
Dentro, buio.
Sospiri, pianti.
Zaffate di ammoniaca e puzzo di morte.

Sulla via del ritorno cedo e fermo la macchina lungo la strada.
La disperazione mi chiude la gola.
Guardo la macchina fotografica. Nel saltare il muro, quando è scattato l’allarme, ho rotto la ghiera dell’obiettivo. Dovrò ricomprarne uno. Chissà quando.
Scorro le fotografie.
Servirà mai a nulla tutto ciò?
Mostrare quello che nessuno vuole vedere davvero porterà a qualcosa che non siano vuote promesse, ridicole leggi per gabbie arricchite o telecamere a circuito interno?
Non sono nessuno. Un occhio che guarda impotente. Una lastra di zinco su cui i prigionieri incidono le loro storie di rabbia e disperazione.
Le mie scarpe sono sporche di fango. La felpa puzza di sordo dolore.
Sarah Kite, Zoe Broughton, Michelle Rokke, PETA o Igualdad Animal. Covance, HLS, Vermont Slaughter Plant.
Decenni di investigazioni sotto copertura, video, documentazioni.

Stiamo davvero costruendo qualcosa? Facendo qualcosa? Cambiando qualcosa?
Mi vedo riflessa nello specchietto retrovisore.
Sono come quella gallina miracolosamente uscita da una delle gabbie, che pensa di essere libera e di poter finalmente uscire dall’incubo. Ma che è destinata a vagare tra le file di recluse, i cadaveri decomposti, i cumuli di feci. Fino alla morte.
Stacco.
Cambio scena.

Nasce una nuova unità investigativa, l’ennesima. Come le altre, fornita di materiale tecnico e tecnologico, e costituita da investigatori addestrati ed attrezzati.
I video di questa nuova unità investigativa, nome in codice Free John Doe, finiscono nel programma di una giornalista che sugli animali ha costruito il suo successo: Giulia Innocenzi.
Nel suo programma la giornalista ride e scherza con allevatori di visoni, chef rinomati e magnati della ristorazione, intercala le immagini agghiaccianti di allevamenti (nei quali la si vede entrare con gli investigatori, constatare sconcertata la presenza di tanti tanti topi e di tanta tanta cacca, osservare i corpi martoriati dei vivi e dei morti con distaccato stupore) con siparietti in cui si mostrano “gli animalisti”: un gruppo di incappucciati improbabili ALF (ai quali la Innocenzi dice: “ma gli animali sono sempre stati allevati”, e quelli rispondono che sì, ma non negli allevamenti intensivi. Come se fosse questo il nocciolo della questione), Vassallo e il META che fermano un camion di maiali, fanno domande idiote all’autista, chiamano i maiali bambini che danno tanti bacini, gli intramontabili 100% e i loro fumogeni.
Di fronte a simili figuri, gli “altri”, ovvero gli allevatori, i circensi, i cacciatori, i cuochi di fama internazionale, fanno la figura delle persone dabbene, posate, aperte mentalmente. Da un lato un manipolo di pazzi ignoranti esaltati, dall’altra seri professionisti, pronti al dialogo, rappresentanti dell’italica cultura fatta di eccellenze (alimentari, artistiche, della moda). In mezzo, la nostra Giulia con i suoi investigatori dai nomi in codice e le loro avventure piene di suspance.
Persino LAV avanza critiche nei confronti del programma. In un articolo pubblicato da Vegolosi la Innocenzi viene accusata di aver danneggiato l’immagine degli animalisti, ritratti come macchiette. LAV sostiene che al centro delle inchieste non siano stati messi gli animali, che sia stata data voce soprattutto a rappresentanti dell’industria dello sfruttamento e che si sia preferito chiamare la neonata Free John Doe a lavorare per le riprese (qui mi sa che rosicano perché non sono stati chiamati loro).
Un bel giorno, i nostri investigatori decidono di piazzare delle telecamere nascoste in un macello vicino Frosinone.
Il macello, piccolo, di provincia, macella mucche, vitelli, e bufalini.
Gli stessi bufalini, ironia della sorte (ma mica tanto) che la stessa Innocenzi nel suo libro “Tritacarne” spera vengano sempre più utilizzati nella dieta mediterranea, in modo da non venire ammazzati così presto ed in maniera così brutale (il capitoletto del suo libro in cui viene affermato questo si intitola “Il paradiso – a tempo – dei bufalini”; leggere per credere).
Le telecamere riprendono ciò che quotidianamente accade. Le immagini vengono rimbalzate in televisione, e il caso scoppia.
In questo video, ecco che la Innocenzi chiede di diffondere il suo appello per la chiusura di quell’unico mattatoio, anch’esso, come quello della Italcarni di Ghedi, immancabilmente etichettato come “macello degli orrori” (in quel caso la Innocenzi aveva pure lanciato una petizione, che potete leggere qui)
Ma la Innocenzi lo sa che tutti i macelli sono luoghi di inenarrabile orrore?
Gli abili ed esperti investigatori di Free John Doe, almeno loro, questo dovrebbero saperlo.
E se lo scrivono nel testo che accompagna il video dell’investigazione, in fondo, alla fine, sembrano dimenticarlo quando aiutano a far passare un messaggio che è l’esatto contrario.

E, a proposito del video, lo sapete che Andrea Scanzi (la voce narrante scelta per le immagini terribili che si susseguono) nel suo blog si definisce vegetariano, quasi vegano, e degustatore di formaggi?
Ma lo sanno la Innocenzi, Scanzi e gli abili investigatori di Free John Doe (sì, loro lo sanno, sì) che quei vitellini e quei piccoli di bufalo altro non sono che gli scarti della produzione del latte?

L’inchiesta sul mattatoio laziale permette l’entrata in scena di un altro gruppo.
NoMattatoio subito organizza un presidio sia avanti al macello che alla ASL (ove si recano la Innocenzi e Mirko Busto del M5S).
“Come si fa a regolamentare la violenza in un contenitore di violenza”, urla qualcuno lì avanti.
A questo risponde pronto Busto, che, a seguito del fatto, ha presentato interrogazione parlamentare chiedendo, tra l’altro, di adottare sistemi di videosorveglianza all’interno dei macelli, come da sua proposta di legge 4296.
Proposta che ha, guarda caso, incontrato l’appoggio entusiasta di Animal Law e CIWF: ovvero di un’associazione nata da una costola di Essere Animali e la farsa degli allevatori compassionevoli che spingono per un allevamento “etico” e rispettoso del benessere animale.

Da questa collaborazione ne nasce un’altra.
Ovvero quella tra Free John Doe e la ideatrice della campagna NoMattatoio, che diventa la portavoce del team investigativo, all’interno di un gruppo di supporto che ha come strumento una pagina facebook.
Qui viene ovviamente diffuso il video girato all’interno del mattatoio di Ferentino, ed il relativo mail bombing in cui si manifesta sorpresa per il fatto che la ASL, dopo la puntata di Animali Come Noi e la denuncia della LAV, abbia imposto limitazioni all’attività svolta, ma tra queste NON quella di NON MACELLARE ANIMALI.
Ad un mattatoio: “è inaccettabile che tra le limitazioni imposte non figuri quella di macellare gli animali, quando in realtà, stando alle immagini diffuse, sembra dover essere proprio questa pratica il principale oggetto di indagine e messa in discussione all’interno della suddetta struttura.”
Forse perché impedire la macellazione all’interno di un macello equivarrebbe a decretarne l’immediata chiusura?.
Vengono diffuse anche pillole di veganismo in puro stile mainstream ove, tra un proliferare di hashtag (#vegan #veg #freeanimals #animalrights #govegan #veganchoice #specismo #meatismurder #animalismo #animalisti #freejohndoe #veggie #veganism #animalabuse #animal #whatveganseat #veganlife #veganforanimals #truth #compassion #compassionisnotacrime), frasi fatte ad effetto con sfondo di cuccioletti (vuoi fare a cambio con la mia vita? Perché ci chiamate carne? Scegli la tenerezza!) e brevi citazioni di autori famosi ci scappa pure il riprendere notizie già date da altri gruppi, blogger e persino giornalisti ignari che lavorano e vivono dall’altra parte del mondo: come nel caso di Patrick Malborough in relazione all fuga di Manny.
Il tutto, ovviamente, senza citare fonti né approfondire alcunché, è così che un vitello che scappa da una nave trasporto bestiame diretta chissà dove diventa una mucca che scappa da un macello di Fremantle – laddove chi ha scritto il post è evidente che non ha avuto neanche la curiosità di andare a cercare cosa è Fremantle su Google – io non ve lo dico, se non lo sapete fatelo almeno voi.
Così che quel che ne risulta è un tiepido brodino di storie tutte con lo stesso finale e la stessa finalità: commuovere e raccogliere likes.
Pochi concetti semplici, pochi approfondimenti, collaborazioni con chi insiste sul benessere animale, sulla condanna degli allevamenti intensivi, sui rischi alla salute dei consumatori causati dalle cattive pratiche perpetrate negli allevamenti degli orrori e nei macelli degli orrori.

Cambio scena.

Sono quella gallina miracolosamente uscita da una delle gabbie, che guarda chi pensa sia lì a fotografarla per poter poi lottare per lei, affinché possa, presto, uscire dall’incubo. Ma che è destinata a vagare tra le file di recluse, i cadaveri decomposti, i cumuli di feci. Fino alla morte. In attesa che i piccoli passi conducano da qualche parte.

Presidio in solidarietà alla resistenza Mapuche: Santiago Vive!

Il 30 settembre scorso in 12 città, tra cui Milano (di cui vi proponiamo un contributo audio), si sono tenuti presidi e proteste fuori dai negozi Benetton e Sisley in solidarietà alla resistenza del popolo Mapuche, per mostrare alle persone i regimi oppressivi, le opere di land-brabbing e sfruttamento animale e umano condotte in Argentina dalla multinazionale italiana, anche a seguito della scomparsa del compagno anarchico Santiago Maldonado.
Solo ultimo di quella lunga lista di persone fare sparire nel corso dei vari regimi dittatoriali argentini, l’assassinio di Santiago ha sollevato quel velo di omertà che celava, agli occhi del mondo, l’oppressione patita dal popolo Mapuche fin dai primi anni del secolo scorso, e la conseguente colonizzazione delle terre ancestrali da loro abitate condotta da Benetton dal 1991.
Dopo quella del 30 settembre, e le ulteriori iniziative andate in scena in occasione della Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista, con presidi a Viareggio, Brescia, Bologna e Genova tenuti da vari gruppi antispecisti, la Rete Internazionale in Difesa del Popolo Mapuche rilancia una nuova mobilitazione.
Riceviamo e diffondiamo di seguito l’appello (a cui il collettivo Brescia Antispecista ha già risposto) per lo svolgimento di un presidio in programma a Milano sabato 25 novembre, alle ore 15, sotto il consolato argentino di via Agnello 2, che si concluderà al negozio Benetton di Piazza del Duomo.

Santiago Maldonado, solidale con la lotta del popolo Mapuche, scompare il 1 Agosto 2017 nella comunità Mapuche di Cushamen, durante una violenta irruzione della gendarmeria argentina.
Santiago si trovava in questo territorio per sostenere il recupero delle terre occupate dalla multinazionale italiana BENETTON, e per esigere la liberazione di Facundo Huala, mapuche incarcerato da diversi mesi per difendere il proprio territorio.
Dopo quasi 80 giorni di bugie, manipolazioni e nefandezze, il corpo senza vita di Santiago viene ritrovato in un fiume.
Vogliamo ringraziare la solidarietà di Santiago al popolo Mapuche, ricordare il suo altruismo e la sua generosità umana, vogliamo denunciare pubblicamente i suoi maledetti assassini: il governo Macrì e BENETTON, e dobbiamo esigere che i colpevoli paghino per questo terribile crimine di stato.
Non possiamo fermarci nel silenzio complice di questo sporco e infame capitalismo, che devasta, sfrutta, reprime, incarcera ed assassina per i propri interessi e profitti.
Scendiamo in piazza in nome della lotta di Santiago ed urliamo tutt* insieme che SANTIAGO VIVE, e che noi non dimentichiamo né perdoniamo.
Santiago, noi siamo fieri di te!

Contro il capitalismo, ogni espressione di dominio e prevaricazione, per la liberazione del vivente è della Terra stessa: complici e solidali con la resistencia Mapuche.

Una riflessione sull’anticapitalismo – di Barbara X (italian/english)

Riportiamo di seguito l’appello diffuso recentemente da Barbara X e rivolto ai/alle compagn*, un monito affinché l’anticapitalismo possa finalmente rappresentare quel bacino di intersezione delle lotte di liberazione, il cui raggiungimento non può prescindere dalle istanze antispeciste.
Appello già ripreso e sottoscritto da Brescia Antispecista, che a nostra volta firmiamo invitando chi si ritrova nelle parole che riportiamo di seguito a comunicarci la medesima volontà.

Quando si partecipa a un corteo antifascista, a un presidio per rivendicare diritti per tutti e tutte, si è consapevoli di schierarsi contro un sistema di dominio che ha una forza nettamente superiore rispetto a chi si ribella. È la forza del capitalismo, del potere, che ha dalla sua parte la maggioranza dei consensi e ogni tipo di difesa. Eppure si scende in piazza lo stesso, si scende in piazza per dire “No”, si scende in piazza perché si ha una fiducia incrollabile nelle proprie idee. E si boicotta, si condanna, si contesta, anche se ciò sovente non porta frutti nell’immediato.
Ci si batte contro il fascismo, contro il sessismo, contro il razzismo, contro l’omotransfobia, contro il capitalismo e via dicendo; ma purtroppo si fa una gran fatica ad aggiungere a queste battaglie la lotta contro lo specismo, cioè lo sfruttamento di chi appartiene a specie diverse dall’umana. È talmente radicata nelle nostre società l’idea che gli animali di specie diverse dalla nostra valgano meno di niente, che anche la maggioranza degli antagonisti decide di disinteressarsene, di non dire in questo caso il proprio “No” al sistema di dominio. Nessuno della “setta dei vegani” (secondo una definizione delle destre capitaliste che vogliono salvaguardare i propri interessi e tutte le industrie – allevamenti, armi, ecc. – che vivono sfruttando e distruggendo) vuole “convertire” nessuno nel suo privato: semplicemente sono sempre di più i compagni e le compagne che si chiedono come mai, almeno per quanto riguarda iniziative pubbliche e di autofinanziamento, vengano ancora usati i corpi senza vita delle vittime del sistema di dominio, di quel sistema di dominio che si vorrebbe strenuamente combattere. Reputare inferiori altri viventi è contrario ad ogni considerazione etica, politica, scientifica. A nessuno viene chiesto di diventare vegano/a da un giorno all’altro, ma almeno di riflettere su tale questione, poiché ci sembra doveroso e sempre più urgente. Non è ammissibile rimanere indietro su questo versante della lotta politica: se non si riesce (o non si vuole) abbozzare una riflessione sull’antispecismo, e cercare quindi di agire di conseguenza quando se ne presentino le occasioni, si va inevitabilmente ad intaccare, ad indebolire anche le altre battaglie. Gabbie e catene non ci dovrebbero essere per nessuno, e invece, con tutto il loro orrore, saltano fuori quando si tratta di sfruttare gli ultimi fra gli ultimi, cioè gli animali non umani, che fatti a pezzi nel “carnaio popolare” vanno a soddisfare i capricci del palato; spesso ci si giustifica con la parola “tradizione”, ma essa non è che il frutto mostruoso del più bieco conservatorismo: e questo purtroppo – politicamente parlando – è tragicamente trasversale.
Soprattutto in un’epoca come la nostra, non si può essere anticapitalisti a corrente alternata: con modalità di volta in volta differenti, organizzare pranzi a base di carne e derivati animali significa, più o meno indirettamente, sostenere un sistema di dominio che sta devastando anche le vite dei più poveri e indifesi fra gli esseri umani, nonché il pianeta stesso che ci ospita.
Inquinamento, abuso delle risorse, squilibri sociali, miseria e quant’altro: tutto ciò è ormai di pubblico dominio, come si fa a non considerare questi aspetti?
I controsensi sono all’ordine del giorno, ma è tutt’altro che difficile essere coerenti per davvero con le proprie lotte, con le proprie idee. In genere, sembra siano ben chiare le riflessioni sul rispetto delle differenze; eppure, tutte le porte vengono chiuse quando si parla dell’animale come un altro da rispettare. Che l’essere umano sia il padrone del pianeta e sia sempre superiore a qualunque altra forma di vita, be’, questa è un’idea che rimanda a tristissimi e bui momenti della storia umana, a partire anche da concetti espressi nei libri sacri… Per cui oggi continuare a combattere una pulsione criminale come il fascismo adottando con gli animali gli stessi metodi che fascisti e nazisti hanno usato contro i loro oppositori e contro le minoranze, è quanto mai illogico e sempre più penoso.
Non si può continuare a perpetuare l’ideologia del più forte che schiaccia il più debole: e l’animale di una specie diversa dalla nostra non fa eccezione. A fascisti e compagnia cantando è inutile fare certi discorsi, li si combatte e basta: odio e sopraffazione fanno parte del loro corredo pseudopolitico, quello degli oppressori. Ma compagni e compagne hanno l’obbligo politico di capire che si può e si deve (almeno in occasioni pubbliche, per il momento) rinunciare ad un’orrida abitudine consolidata. Conoscendo la sofferenza e lo sfruttamento che stanno dietro gli allevamenti (sia intensivi che biologici: cambia poco), la morte cruenta di esseri che, scientificamente ed eticamente, è dura definire inferiori, sapendo che gli allevamenti sono fra le principali fonti di inquinamento a livello mondiale, come si può sperare di ottenere vittorie significative nelle battaglie contro le nocività, contro l’inquinamento, contro le disuguaglianze sociali, continuando a sostenere tutto questo con le scelte alimentari?
Nessuno vuol fare la morale a nessuno, ma da antifascisti/e, antispecisti/e, anticapitalisti/e crediamo che si debbano metter da parte retaggi, tradizioni, abitudini e cominciare a vedere sotto un’ottica differente determinate tematiche: ne va della nostra credibilità, del futuro nostro e delle nostre lotte.

Brescia Antispecista
Contagio Antispecista
Collettivo antispecista ed antifascista torinese

English version

A reflection on anticapitalism

“When we take part in an antifascist demonstration, in a sit in to claim the rights for everyone, we are aware of the fact that we protest against a system of domination which is much stronger than the ones who resist. It is the strength of capitalism, of power that has on its side the majority of the consents and every kind of defence. Yet we demonstrate anyway, we demonstrate to say “No”, we demonstrate because we have an unshakable trust in our ideas. And we boycott, we condemn, we protest, even if this often doesn’t bear fruit in the near future. We fight against fascism, against sexism, against racism, against homo/transphobia, against capitalism and so on; but unfortunately it is so hard to add to these struggles the fight against speciesism, that is the exploitation of the ones who belong to species other than human. In our societies the idea that animals of species other than our one have no value is so rooted, that also the majority of the antagonists decides to take no interest in them, it decides in this case not to tell its “No” to the system of domination. None of the “sect of the vegans” (according to a definition of the capitalist right that wants to safeguard its interests and all the industries – farms, arms, etc.- which live exploiting and destroying) wants to “convert” nobody in his/her private sphere: simply there are more and more comrades who ask themselves why, at least as regards public initiatives and selffinancing events, the bodies of the victims of the system of domination are still being used, of that the system of domination which we would like to fight strongly. Considering other living beings as inferior is contrary to every ethical, political and scientific consideration. No one is asked to become vegan overnight, but at least to give this issue some thought, because we think it is essential and increasingly urgent. It is unacceptable to lag behind in regard of this side of the political fight: if you cannot (or you don’t want to) define a reflection on antispeciesism, and so try to act consequently when the opportunities arose, this also inevitably undermines and weakens the other fights. Cages and chains shouldn’t exist for anyone, and instead, with all their horror, they come up when it comes to exploit the lasts among the lasts, namely the non-human animals, who cut into pieces in the “popular slaughter” they satisfy the caprices of the palate: often this is justified with the word “tradition”, but it is nothing but the monstrous result of the most sinister conservatism: and unfortunately this – politically speaking – is tragically across-the-board. Above all at times like these, you can’t be alternate-current anti-capitalist: in ways that differ in each occasion, organizing lunches made up of meat and animal products means, more or less indirectly, supporting a system of domination which is devastating also the lives of the poorest and most vulnerable among the human beings, as well as the planet itself in which we live. Pollution, abuse of resources, social imbalances, poverty and so on: all this by now is public knowledge: how can you not to consider these aspects? The contradictions are common, but being really consistent with our own fights, with our own ideas is anything but difficult. In general, it seems the thoughts on the respect for differences are well clear; but, all the doors are closed when we talk about the animal as another being to respect. That the human being is the owner of the planet and he is always superior than any other form of life, well, this is an idea that recalls painful and dark times of human history, based also on concepts expressed in the sacred books… So today continuing to fight a criminal impulse like fascism adopting with animals the same ways that fascists and Nazis used against their opponents and against minorities, is extremely illogical ever more painful. We cannot continue to perpetuate the ideology of the strongest that oppresses the weakest: and the animal of a different species is no exception. Making this kind of speeches to fascists and their company is useless, we just have to fight them: hate and oppression form part of their pseudo-political legacy, that of the oppressors. But comrades have the political duty to understand that we can and we have to (at least on public occasions, for the moment) give up an awful strong habit. Being aware of the suffering and the exploitation that lie behind farms (both intensive and organic: it changes little), the bloody death of beings who, scientifically and ethically, it is hard to define inferior, being aware that farm are among the main sources of pollution worldwide, how can we expect to obtain substantial victories in the struggles against nuisances, against pollution, against social inequalities, if we continue to support all this with our food choices? No one wants to lecture nobody, but as antifascists, antispeciesists, anti-capitalists we believe that we have to put aside legacies, traditions, habits and start looking some kind of issues from a different angle: our credibility, our future and the future of our fights depend on it.”

Barbara X

Dall’altra parte della barricata

Oggi nel mondo si può incenerire con estrema facilità la biodiversità (sempre più drammaticamente fragile) e lo si fa esclusivamente per profitto (non a caso si definiscono “risorse” il saccheggio).
È possibile lasciare montagne di cenere sotto gli occhi di tutt@ e nessun@ si scandalizza.
In nome del progresso l’essere umano si trasforma in macchina e, lontano da qualsivoglia critica o responsabilità, sta trasformando il pianeta in un luogo velenoso ed estraneo. Sta inquinando, con devastante progressione: l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali, tutti gli animali.
E’ curioso osservare come l’assenza totale di interesse verso l’ecocidio sia direttamente proporzionale al piano inclinato di distruzione, al punto che è legittimo domandarsi se vi è veramente soluzione.
Come antispecisti riteniamo che questa proporzione non cambi la disposizione alla lotta di liberazione.
Non agiamo per un futuro “ecosostenibile”, termine macinato, stravolto e privo di validità ma per una visione scardinante del sistema che perpetua l’accelerazione.
Non siamo “ambientalisti”, siamo “guerrieri” per la liberazione della Terra (per guerriero intendiamo il rapporto-senso libertario del termine: guerra alla guerra).
I due termini, infatti, sono in antitesi, il primo asservito e genuflesso al dominio, cioè la causa unica del disastro, il secondo arrampicato su barricate instabili ma vitali.
Non si lotta per vincere, il mostro tritatutto non si può abbattere, si lotta semplicemente perché è il respiro stesso che lo chiede.
Il corpo, I nervi, I muscoli, le unghie lo chiedono. Si lotta perché le zampe, l’olfatto, il pelo, I denti, le corna lo chiedono.
Possono commerciare sulle nostre vite ma mai riusciranno a trascinarci lontano dalle barricate. Le navi da crociera dell’associazionismo ambiente-animalista, pirotecniche nel cercare di convincere (in giornate stanche di orgoglio celebrativo auto-referenziato) che sono loro l’unica cura, ma in realtà sono parte integrante della malattia.
Parte dell’autorità, e l’autorità lavora per conservare lo status quo.
La lotta per la liberazione animale non è un moloch granitico e impermeabile, è viceversa formato da una miriade di schegge impazzite che si muovono per minare lo status quo.
Appare evidente che in una società dove le profonde diseguaglianze (nel senso più ampio del termine) spingono gli individui ad accelerare quel sintomo esasperato costante di ribellione (in netto contrasto a una illusoria lotta omogenea dettata solo da emancipazioni personali, tornaconti da etichetta o tessere di appartenenza), smascherando in tal senso tutte le tipologie di prevaricazione in direzione di una nuova comprensione del disastro in atto. Risulta manifesto, quindi, questo “nuovo” grido di liberazione, una liberazione che per gli anarchici antispecisti: o è totale o non è liberazione.
Uno scontro in evidente contrapposizione alla filosofia conforme di una religiosa “salvaguardia” dell’habitat da parte dei colossi dell’abolizionismo associazionista.
L’antispecismo libertario è l’espressione di linguaggio (del corpo) più libera, più destabilizzante, più disposta a continui movimenti, va da sè quindi che ognuno o ognuna può declinare quello che ritiene più corretto nel suo approccio, ma questo non significa non avere ben presente la realtà.
Una realtà che non è filosofia analitica o voli pindarici per convincersi di avere ragione, è tangibile, concreta, incontrovertibile: davanti all’oppressione, all’annientamento, al dolore e al terrore, e solo in questi casi, siamo si tutt@ ugual@, umani e non.
La Terra collassa e noi con essa, cerchiamo di precipitare lottando e senza guinzaglio.

Per approfondire: La mercificazione delle istanze di liberazione (relazione del Contagio alla Festa Antispecista)

Presidio antifa per la liberazione animale – Report (italian/english)

Il 30 ottobre scorso divers* attivist* antispecist* si sono dati appuntamento davanti al tribunale di Milano (Italia).
Arrivati da diverse città in forma indipendente ed individuale, senza alcuna bandiera che potesse riconoscerne l’identità o la provenienza (vi erano solo bandiere antifasciste ed antispeciste internazionaliste) hanno voluto, con la loro presenza, offrire solidarietà e complicità incondizionata ai/alle compagn* sotto processo.
Compagn* “colpevoli” di un’azione diretta avvenuta il 20 aprile 2013, data in cui sono penetrati all’interno del dipartimento di farmacologia dell’università di Milano liberando 401 individui non umani: 400 topi e 1 coniglio.
Individui tra i più oppressi, poiché non subiscono solo la violenza della schiavitù, la segregazione in gabbie ma devono sottostare continuamente a torture terrificanti per una inutile concezione di estetica o salvaguardia umana.
Attivist* che, con il loro gesto, hanno voluto scoperchiare quella tomba di mistificazione che circonda la sperimentazione animale.
Una menzogna che abbraccia la totalità dei vivisettori che cercano di giustificare quello che fanno tentando di dare una spiegazione in termini di applicazioni utili, di obblighi “ontologici” in realtà lo fanno perché il controllo assoluto verso gli altri animali, la certezza dell’impunità che ne deriva gli garantiscono fama, denaro e gloria, sensazioni artificiali di compiacimento.
La distorsione che vede la tortura come atto di “doveroso” divertimento è la prova che li qualifica come soggetti pericolosi.
I signori della pseudo-scienza dell’orrore, della supremazia del camice bianco imbrattato di sangue e lacrime, tanto gelidi quanto folli (nell’accezione dispregiativa del termine cioè la mancanza assoluta di adattamento a concetti quali la comprensione, il senso di vergogna, il rispetto per esseri in quel momento indifesi) sono nascosti tra noi.
Questi “ricercatori” dalle movenze silenziose e ipocrite sono la continuazione garante del disastro, dell’annientamento dell’equilibrio fra i viventi.
Nemici assoluti della vita, affacciandosi al precipizio che hanno collaborato a scavare, saranno obbligati a rispondere di tutto questo, la loro cultura dell’abominio e della assenza totale di qualsivoglia barlume di pietà finirà e inizierà una nuova visione diametralmente opposta all’inutilità della loro religione, il dogma della superiorità inettitudine-centrica.

Nessuna dittatura è eterna, nessuna.

Sostenere con determinazione, favorire attivamente un’altra visione e altri sguardi che spazzino via la pochezza e radicata cultura del dominio, di individui-marionette manovrati da immense aziende di cristallo, di manovali sorridenti, di pedine consapevoli della diretta responsabilità all’ideologia del mercato del pane e della salute, al soldo dell’industria farmaceutica e cosmetica, dei giganti dell’alimentazione.
Come antispecist* riteniamo che il massimo contributo che si può dare alla cura e al miglioramento stesso della vita sia la completa separazione, l’allontanamento siderale da questi carnefici che alimentano la macchina della malattia e la guidano verso tunnel senza via di uscita.
La dignità e la speranza di stare bene devono necessariamente camminare insieme, con delicatezza, senza calpestare l’altrui libertà e la speranza di chi si pone, gioco forza, in terrificante sottomissione. Il presidio durato tutta la mattina è stato partecipato, rilanciando il prossimo appuntamento al 15 gennaio 2018 quando ci sarà la terza udienza.
L’iniziativa del 30 ottobre rientra nella Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista, in memoria del compagno anarchico Barry Horne, come è stato espresso più volte nel corso del presidio, e oin ricordo della liberazione di Kobane: simbolo della lotta al patriarcato, al capitalismo e ad ogni regime gerarchico.
Per la liberazione animale, e quindi totale, nessun compromesso fino a quando tutte le gabbie non saranno divelte.

English version

Anti-fascist action for animal liberation (Milan – 30/10)

On the last 30th of October several antispeciesist activists met in front of the courthouse of Milan (Italy).

They came from various cities in an independent and individual way, without any flag that could identify their origin or identity (there were only international antifascist and antispeciesist flags), and, with their presence, they wanted to offer solidarity and unconditional complicity to the comrades on trial.

Comrades who are “guilty” of a direct action which took place on the on the 20th of April 2013, when they penetrated inside the Department of Pharmacology of the University of Milan liberating 401 non human individuals: 400 mice and a rabbit.

Individuals among the most oppressed because, not only they suffer the violence of the enslavement and the segregation in cages, but they also continually have to be subjected to terrifying tortures for a useless idea of beauty or safety of human life.

Those activists, with their action, wanted to open that tomb of mystification that surrounds animal experimentation.

A lie which embrace all the vivisectionists who try to justify what they do attempting to give an explanation in terms of useful applications, “ontological” obligations, in reality they do it because the total control of the other animals, the impunity that it derives from ensure them fame, money and glory, artificial sensations of satisfaction.

The distortion which sees torture as an act of “necessary” amusement is the proof that qualify them as dangerous individuals.

The lords of the horror pseudo-science, of the supremacy of the white coat stained with blood and tears, they are as cold as crazy (in the derogatory meaning of the term namely the absolute lack of adaptation to concepts such as comprehension, sense of shame, respect for beings who are defenceless at that moment), and they are hidden among us.

These “researchers” with silent and hypocritical movements are the continuation that guarantees the disaster, the destruction of the balance between the living beings.

Absolute enemies of life, standing before the precipice which they contributed to dig, they will be obliged to answer for all this, their culture of the abomination and of the total absence of any glimmer of compassion will end and a new vision, diametrically opposite to the futility of their religion, the dogma of the ineptitude-centric superiority, will start.

No dictatorship is eternal, none.

Supporting with determination, actively promoting another vision and other looks that could wipe away the narrow-mindedness and the rooted culture of dominion, of individuals-puppet manipulated by immense crystal companies, of smiling foot soldiers, of pawns who are aware of the direct responsibility for the food and health market ideology, in the pay of pharmaceutical and cosmetic industry, of the giants of food industry.

As antispeciesists we believe that best contribution which can be given to the care and the improvement of life is the complete separation, the sidereal departure from these oppressors who feed the disease machinery and bring it toward a dead end tunnel.

The dignity and the hope to be well necessarily have to go together, carefully, without oppressing the freedom of others and the hope of those who put themselves, for absolute necessity, in terrifying submission. The sit in, which lasted all morning, was attended by a considerable number of people, setting the next event for the 15th of January 2018, when the third hearing will take place.

The initiative of the 30th of October is part of the International Week for Antispeciesist Actions, in memory of the anarchist comrade Barry Horne, as it was stated several times during the sit in and to recall the anniversary liberation of Kobane: symbol of the fight against patriarchy, capitalism and every hierarchical regime.

For animal, and therefore total, liberation, no compromise until every cage is wrecked.