Una riflessione sull’anticapitalismo – di Barbara X (italian/english)

Riportiamo di seguito l’appello diffuso recentemente da Barbara X e rivolto ai/alle compagn*, un monito affinché l’anticapitalismo possa finalmente rappresentare quel bacino di intersezione delle lotte di liberazione, il cui raggiungimento non può prescindere dalle istanze antispeciste.
Appello già ripreso e sottoscritto da Brescia Antispecista, che a nostra volta firmiamo invitando chi si ritrova nelle parole che riportiamo di seguito a comunicarci la medesima volontà.

Quando si partecipa a un corteo antifascista, a un presidio per rivendicare diritti per tutti e tutte, si è consapevoli di schierarsi contro un sistema di dominio che ha una forza nettamente superiore rispetto a chi si ribella. È la forza del capitalismo, del potere, che ha dalla sua parte la maggioranza dei consensi e ogni tipo di difesa. Eppure si scende in piazza lo stesso, si scende in piazza per dire “No”, si scende in piazza perché si ha una fiducia incrollabile nelle proprie idee. E si boicotta, si condanna, si contesta, anche se ciò sovente non porta frutti nell’immediato.
Ci si batte contro il fascismo, contro il sessismo, contro il razzismo, contro l’omotransfobia, contro il capitalismo e via dicendo; ma purtroppo si fa una gran fatica ad aggiungere a queste battaglie la lotta contro lo specismo, cioè lo sfruttamento di chi appartiene a specie diverse dall’umana. È talmente radicata nelle nostre società l’idea che gli animali di specie diverse dalla nostra valgano meno di niente, che anche la maggioranza degli antagonisti decide di disinteressarsene, di non dire in questo caso il proprio “No” al sistema di dominio. Nessuno della “setta dei vegani” (secondo una definizione delle destre capitaliste che vogliono salvaguardare i propri interessi e tutte le industrie – allevamenti, armi, ecc. – che vivono sfruttando e distruggendo) vuole “convertire” nessuno nel suo privato: semplicemente sono sempre di più i compagni e le compagne che si chiedono come mai, almeno per quanto riguarda iniziative pubbliche e di autofinanziamento, vengano ancora usati i corpi senza vita delle vittime del sistema di dominio, di quel sistema di dominio che si vorrebbe strenuamente combattere. Reputare inferiori altri viventi è contrario ad ogni considerazione etica, politica, scientifica. A nessuno viene chiesto di diventare vegano/a da un giorno all’altro, ma almeno di riflettere su tale questione, poiché ci sembra doveroso e sempre più urgente. Non è ammissibile rimanere indietro su questo versante della lotta politica: se non si riesce (o non si vuole) abbozzare una riflessione sull’antispecismo, e cercare quindi di agire di conseguenza quando se ne presentino le occasioni, si va inevitabilmente ad intaccare, ad indebolire anche le altre battaglie. Gabbie e catene non ci dovrebbero essere per nessuno, e invece, con tutto il loro orrore, saltano fuori quando si tratta di sfruttare gli ultimi fra gli ultimi, cioè gli animali non umani, che fatti a pezzi nel “carnaio popolare” vanno a soddisfare i capricci del palato; spesso ci si giustifica con la parola “tradizione”, ma essa non è che il frutto mostruoso del più bieco conservatorismo: e questo purtroppo – politicamente parlando – è tragicamente trasversale.
Soprattutto in un’epoca come la nostra, non si può essere anticapitalisti a corrente alternata: con modalità di volta in volta differenti, organizzare pranzi a base di carne e derivati animali significa, più o meno indirettamente, sostenere un sistema di dominio che sta devastando anche le vite dei più poveri e indifesi fra gli esseri umani, nonché il pianeta stesso che ci ospita.
Inquinamento, abuso delle risorse, squilibri sociali, miseria e quant’altro: tutto ciò è ormai di pubblico dominio, come si fa a non considerare questi aspetti?
I controsensi sono all’ordine del giorno, ma è tutt’altro che difficile essere coerenti per davvero con le proprie lotte, con le proprie idee. In genere, sembra siano ben chiare le riflessioni sul rispetto delle differenze; eppure, tutte le porte vengono chiuse quando si parla dell’animale come un altro da rispettare. Che l’essere umano sia il padrone del pianeta e sia sempre superiore a qualunque altra forma di vita, be’, questa è un’idea che rimanda a tristissimi e bui momenti della storia umana, a partire anche da concetti espressi nei libri sacri… Per cui oggi continuare a combattere una pulsione criminale come il fascismo adottando con gli animali gli stessi metodi che fascisti e nazisti hanno usato contro i loro oppositori e contro le minoranze, è quanto mai illogico e sempre più penoso.
Non si può continuare a perpetuare l’ideologia del più forte che schiaccia il più debole: e l’animale di una specie diversa dalla nostra non fa eccezione. A fascisti e compagnia cantando è inutile fare certi discorsi, li si combatte e basta: odio e sopraffazione fanno parte del loro corredo pseudopolitico, quello degli oppressori. Ma compagni e compagne hanno l’obbligo politico di capire che si può e si deve (almeno in occasioni pubbliche, per il momento) rinunciare ad un’orrida abitudine consolidata. Conoscendo la sofferenza e lo sfruttamento che stanno dietro gli allevamenti (sia intensivi che biologici: cambia poco), la morte cruenta di esseri che, scientificamente ed eticamente, è dura definire inferiori, sapendo che gli allevamenti sono fra le principali fonti di inquinamento a livello mondiale, come si può sperare di ottenere vittorie significative nelle battaglie contro le nocività, contro l’inquinamento, contro le disuguaglianze sociali, continuando a sostenere tutto questo con le scelte alimentari?
Nessuno vuol fare la morale a nessuno, ma da antifascisti/e, antispecisti/e, anticapitalisti/e crediamo che si debbano metter da parte retaggi, tradizioni, abitudini e cominciare a vedere sotto un’ottica differente determinate tematiche: ne va della nostra credibilità, del futuro nostro e delle nostre lotte.

Brescia Antispecista
Contagio Antispecista
Collettivo antispecista ed antifascista torinese

English version

A reflection on anticapitalism

“When we take part in an antifascist demonstration, in a sit in to claim the rights for everyone, we are aware of the fact that we protest against a system of domination which is much stronger than the ones who resist. It is the strength of capitalism, of power that has on its side the majority of the consents and every kind of defence. Yet we demonstrate anyway, we demonstrate to say “No”, we demonstrate because we have an unshakable trust in our ideas. And we boycott, we condemn, we protest, even if this often doesn’t bear fruit in the near future. We fight against fascism, against sexism, against racism, against homo/transphobia, against capitalism and so on; but unfortunately it is so hard to add to these struggles the fight against speciesism, that is the exploitation of the ones who belong to species other than human. In our societies the idea that animals of species other than our one have no value is so rooted, that also the majority of the antagonists decides to take no interest in them, it decides in this case not to tell its “No” to the system of domination. None of the “sect of the vegans” (according to a definition of the capitalist right that wants to safeguard its interests and all the industries – farms, arms, etc.- which live exploiting and destroying) wants to “convert” nobody in his/her private sphere: simply there are more and more comrades who ask themselves why, at least as regards public initiatives and selffinancing events, the bodies of the victims of the system of domination are still being used, of that the system of domination which we would like to fight strongly. Considering other living beings as inferior is contrary to every ethical, political and scientific consideration. No one is asked to become vegan overnight, but at least to give this issue some thought, because we think it is essential and increasingly urgent. It is unacceptable to lag behind in regard of this side of the political fight: if you cannot (or you don’t want to) define a reflection on antispeciesism, and so try to act consequently when the opportunities arose, this also inevitably undermines and weakens the other fights. Cages and chains shouldn’t exist for anyone, and instead, with all their horror, they come up when it comes to exploit the lasts among the lasts, namely the non-human animals, who cut into pieces in the “popular slaughter” they satisfy the caprices of the palate: often this is justified with the word “tradition”, but it is nothing but the monstrous result of the most sinister conservatism: and unfortunately this – politically speaking – is tragically across-the-board. Above all at times like these, you can’t be alternate-current anti-capitalist: in ways that differ in each occasion, organizing lunches made up of meat and animal products means, more or less indirectly, supporting a system of domination which is devastating also the lives of the poorest and most vulnerable among the human beings, as well as the planet itself in which we live. Pollution, abuse of resources, social imbalances, poverty and so on: all this by now is public knowledge: how can you not to consider these aspects? The contradictions are common, but being really consistent with our own fights, with our own ideas is anything but difficult. In general, it seems the thoughts on the respect for differences are well clear; but, all the doors are closed when we talk about the animal as another being to respect. That the human being is the owner of the planet and he is always superior than any other form of life, well, this is an idea that recalls painful and dark times of human history, based also on concepts expressed in the sacred books… So today continuing to fight a criminal impulse like fascism adopting with animals the same ways that fascists and Nazis used against their opponents and against minorities, is extremely illogical ever more painful. We cannot continue to perpetuate the ideology of the strongest that oppresses the weakest: and the animal of a different species is no exception. Making this kind of speeches to fascists and their company is useless, we just have to fight them: hate and oppression form part of their pseudo-political legacy, that of the oppressors. But comrades have the political duty to understand that we can and we have to (at least on public occasions, for the moment) give up an awful strong habit. Being aware of the suffering and the exploitation that lie behind farms (both intensive and organic: it changes little), the bloody death of beings who, scientifically and ethically, it is hard to define inferior, being aware that farm are among the main sources of pollution worldwide, how can we expect to obtain substantial victories in the struggles against nuisances, against pollution, against social inequalities, if we continue to support all this with our food choices? No one wants to lecture nobody, but as antifascists, antispeciesists, anti-capitalists we believe that we have to put aside legacies, traditions, habits and start looking some kind of issues from a different angle: our credibility, our future and the future of our fights depend on it.”

Barbara X

Dall’altra parte della barricata

Oggi nel mondo si può incenerire con estrema facilità la biodiversità (sempre più drammaticamente fragile) e lo si fa esclusivamente per profitto (non a caso si definiscono “risorse” il saccheggio).
È possibile lasciare montagne di cenere sotto gli occhi di tutt@ e nessun@ si scandalizza.
In nome del progresso l’essere umano si trasforma in macchina e, lontano da qualsivoglia critica o responsabilità, sta trasformando il pianeta in un luogo velenoso ed estraneo. Sta inquinando, con devastante progressione: l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali, tutti gli animali.
E’ curioso osservare come l’assenza totale di interesse verso l’ecocidio sia direttamente proporzionale al piano inclinato di distruzione, al punto che è legittimo domandarsi se vi è veramente soluzione.
Come antispecisti riteniamo che questa proporzione non cambi la disposizione alla lotta di liberazione.
Non agiamo per un futuro “ecosostenibile”, termine macinato, stravolto e privo di validità ma per una visione scardinante del sistema che perpetua l’accelerazione.
Non siamo “ambientalisti”, siamo “guerrieri” per la liberazione della Terra (per guerriero intendiamo il rapporto-senso libertario del termine: guerra alla guerra).
I due termini, infatti, sono in antitesi, il primo asservito e genuflesso al dominio, cioè la causa unica del disastro, il secondo arrampicato su barricate instabili ma vitali.
Non si lotta per vincere, il mostro tritatutto non si può abbattere, si lotta semplicemente perché è il respiro stesso che lo chiede.
Il corpo, I nervi, I muscoli, le unghie lo chiedono. Si lotta perché le zampe, l’olfatto, il pelo, I denti, le corna lo chiedono.
Possono commerciare sulle nostre vite ma mai riusciranno a trascinarci lontano dalle barricate. Le navi da crociera dell’associazionismo ambiente-animalista, pirotecniche nel cercare di convincere (in giornate stanche di orgoglio celebrativo auto-referenziato) che sono loro l’unica cura, ma in realtà sono parte integrante della malattia.
Parte dell’autorità, e l’autorità lavora per conservare lo status quo.
La lotta per la liberazione animale non è un moloch granitico e impermeabile, è viceversa formato da una miriade di schegge impazzite che si muovono per minare lo status quo.
Appare evidente che in una società dove le profonde diseguaglianze (nel senso più ampio del termine) spingono gli individui ad accelerare quel sintomo esasperato costante di ribellione (in netto contrasto a una illusoria lotta omogenea dettata solo da emancipazioni personali, tornaconti da etichetta o tessere di appartenenza), smascherando in tal senso tutte le tipologie di prevaricazione in direzione di una nuova comprensione del disastro in atto. Risulta manifesto, quindi, questo “nuovo” grido di liberazione, una liberazione che per gli anarchici antispecisti: o è totale o non è liberazione.
Uno scontro in evidente contrapposizione alla filosofia conforme di una religiosa “salvaguardia” dell’habitat da parte dei colossi dell’abolizionismo associazionista.
L’antispecismo libertario è l’espressione di linguaggio (del corpo) più libera, più destabilizzante, più disposta a continui movimenti, va da sè quindi che ognuno o ognuna può declinare quello che ritiene più corretto nel suo approccio, ma questo non significa non avere ben presente la realtà.
Una realtà che non è filosofia analitica o voli pindarici per convincersi di avere ragione, è tangibile, concreta, incontrovertibile: davanti all’oppressione, all’annientamento, al dolore e al terrore, e solo in questi casi, siamo si tutt@ ugual@, umani e non.
La Terra collassa e noi con essa, cerchiamo di precipitare lottando e senza guinzaglio.

Per approfondire: La mercificazione delle istanze di liberazione (relazione del Contagio alla Festa Antispecista)

Presidio antifa per la liberazione animale – Report (italian/english)

Il 30 ottobre scorso divers* attivist* antispecist* si sono dati appuntamento davanti al tribunale di Milano (Italia).
Arrivati da diverse città in forma indipendente ed individuale, senza alcuna bandiera che potesse riconoscerne l’identità o la provenienza (vi erano solo bandiere antifasciste ed antispeciste internazionaliste) hanno voluto, con la loro presenza, offrire solidarietà e complicità incondizionata ai/alle compagn* sotto processo.
Compagn* “colpevoli” di un’azione diretta avvenuta il 20 aprile 2013, data in cui sono penetrati all’interno del dipartimento di farmacologia dell’università di Milano liberando 401 individui non umani: 400 topi e 1 coniglio.
Individui tra i più oppressi, poiché non subiscono solo la violenza della schiavitù, la segregazione in gabbie ma devono sottostare continuamente a torture terrificanti per una inutile concezione di estetica o salvaguardia umana.
Attivist* che, con il loro gesto, hanno voluto scoperchiare quella tomba di mistificazione che circonda la sperimentazione animale.
Una menzogna che abbraccia la totalità dei vivisettori che cercano di giustificare quello che fanno tentando di dare una spiegazione in termini di applicazioni utili, di obblighi “ontologici” in realtà lo fanno perché il controllo assoluto verso gli altri animali, la certezza dell’impunità che ne deriva gli garantiscono fama, denaro e gloria, sensazioni artificiali di compiacimento.
La distorsione che vede la tortura come atto di “doveroso” divertimento è la prova che li qualifica come soggetti pericolosi.
I signori della pseudo-scienza dell’orrore, della supremazia del camice bianco imbrattato di sangue e lacrime, tanto gelidi quanto folli (nell’accezione dispregiativa del termine cioè la mancanza assoluta di adattamento a concetti quali la comprensione, il senso di vergogna, il rispetto per esseri in quel momento indifesi) sono nascosti tra noi.
Questi “ricercatori” dalle movenze silenziose e ipocrite sono la continuazione garante del disastro, dell’annientamento dell’equilibrio fra i viventi.
Nemici assoluti della vita, affacciandosi al precipizio che hanno collaborato a scavare, saranno obbligati a rispondere di tutto questo, la loro cultura dell’abominio e della assenza totale di qualsivoglia barlume di pietà finirà e inizierà una nuova visione diametralmente opposta all’inutilità della loro religione, il dogma della superiorità inettitudine-centrica.

Nessuna dittatura è eterna, nessuna.

Sostenere con determinazione, favorire attivamente un’altra visione e altri sguardi che spazzino via la pochezza e radicata cultura del dominio, di individui-marionette manovrati da immense aziende di cristallo, di manovali sorridenti, di pedine consapevoli della diretta responsabilità all’ideologia del mercato del pane e della salute, al soldo dell’industria farmaceutica e cosmetica, dei giganti dell’alimentazione.
Come antispecist* riteniamo che il massimo contributo che si può dare alla cura e al miglioramento stesso della vita sia la completa separazione, l’allontanamento siderale da questi carnefici che alimentano la macchina della malattia e la guidano verso tunnel senza via di uscita.
La dignità e la speranza di stare bene devono necessariamente camminare insieme, con delicatezza, senza calpestare l’altrui libertà e la speranza di chi si pone, gioco forza, in terrificante sottomissione. Il presidio durato tutta la mattina è stato partecipato, rilanciando il prossimo appuntamento al 15 gennaio 2018 quando ci sarà la terza udienza.
L’iniziativa del 30 ottobre rientra nella Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista, in memoria del compagno anarchico Barry Horne, come è stato espresso più volte nel corso del presidio, e oin ricordo della liberazione di Kobane: simbolo della lotta al patriarcato, al capitalismo e ad ogni regime gerarchico.
Per la liberazione animale, e quindi totale, nessun compromesso fino a quando tutte le gabbie non saranno divelte.

English version

Anti-fascist action for animal liberation (Milan – 30/10)

On the last 30th of October several antispeciesist activists met in front of the courthouse of Milan (Italy).

They came from various cities in an independent and individual way, without any flag that could identify their origin or identity (there were only international antifascist and antispeciesist flags), and, with their presence, they wanted to offer solidarity and unconditional complicity to the comrades on trial.

Comrades who are “guilty” of a direct action which took place on the on the 20th of April 2013, when they penetrated inside the Department of Pharmacology of the University of Milan liberating 401 non human individuals: 400 mice and a rabbit.

Individuals among the most oppressed because, not only they suffer the violence of the enslavement and the segregation in cages, but they also continually have to be subjected to terrifying tortures for a useless idea of beauty or safety of human life.

Those activists, with their action, wanted to open that tomb of mystification that surrounds animal experimentation.

A lie which embrace all the vivisectionists who try to justify what they do attempting to give an explanation in terms of useful applications, “ontological” obligations, in reality they do it because the total control of the other animals, the impunity that it derives from ensure them fame, money and glory, artificial sensations of satisfaction.

The distortion which sees torture as an act of “necessary” amusement is the proof that qualify them as dangerous individuals.

The lords of the horror pseudo-science, of the supremacy of the white coat stained with blood and tears, they are as cold as crazy (in the derogatory meaning of the term namely the absolute lack of adaptation to concepts such as comprehension, sense of shame, respect for beings who are defenceless at that moment), and they are hidden among us.

These “researchers” with silent and hypocritical movements are the continuation that guarantees the disaster, the destruction of the balance between the living beings.

Absolute enemies of life, standing before the precipice which they contributed to dig, they will be obliged to answer for all this, their culture of the abomination and of the total absence of any glimmer of compassion will end and a new vision, diametrically opposite to the futility of their religion, the dogma of the ineptitude-centric superiority, will start.

No dictatorship is eternal, none.

Supporting with determination, actively promoting another vision and other looks that could wipe away the narrow-mindedness and the rooted culture of dominion, of individuals-puppet manipulated by immense crystal companies, of smiling foot soldiers, of pawns who are aware of the direct responsibility for the food and health market ideology, in the pay of pharmaceutical and cosmetic industry, of the giants of food industry.

As antispeciesists we believe that best contribution which can be given to the care and the improvement of life is the complete separation, the sidereal departure from these oppressors who feed the disease machinery and bring it toward a dead end tunnel.

The dignity and the hope to be well necessarily have to go together, carefully, without oppressing the freedom of others and the hope of those who put themselves, for absolute necessity, in terrifying submission. The sit in, which lasted all morning, was attended by a considerable number of people, setting the next event for the 15th of January 2018, when the third hearing will take place.

The initiative of the 30th of October is part of the International Week for Antispeciesist Actions, in memory of the anarchist comrade Barry Horne, as it was stated several times during the sit in and to recall the anniversary liberation of Kobane: symbol of the fight against patriarchy, capitalism and every hierarchical regime.

For animal, and therefore total, liberation, no compromise until every cage is wrecked.

#SIAA: Calendario delle Mobilitazioni

Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista: dal 30 ottobre al 5 novembre contro ogni espressione di dominio e prevaricazione!

Un’iniziativa che incoraggia i cittadini a svolgere ogni tipo di azione: dalla propaganda stradale (dipinti, manifesti, distribuzione di volantini) a laboratori/forum e dibattiti nei vari spazi di riunione affini a questa lotta, a organizzare varie azioni contro attività specifiche con gli strumenti che ogni persona può considerare opportuni, alle mobilitazioni e alle dimostrazioni di massa.
Ognun* può partecipare e sentirsi coinvolto, al fine di scuotere ogni gabbia e simbolo di schiavitù.
In ricordo di Barry Horne e di tutte le vittime umane e non umane dello specismo e del dominio.
Sia le misure individuali che collettive di lotta sono valide; dalle azioni di diffusione alle mobilitazioni.
La solidarietà tra le specie non è solo una parola scritta!

Calendario delle mobilitazioni in programma (in costante aggiornamento)

27 Ottobre – Milano: presidio contro il convegno COOP a cura di BioViolenza
30 Ottobre – Milano: Presidio Antifascista per la Liberazione Animale (italian/english)
1 – 5 Novembre – McRiot: Mobilitazione Anti-capitalista: iniziative in diverse città (Viareggio (3/11) – Brescia, Genova, Ferrara (4/11) – Milano, Bologna (5/11))
3 Novembre – Bari: dalle 19.30 proiezione del documentario Alma, presentazione del neo-collettivo N.A.M.B. (Nucleo Antispecista Militante Bari/Barese) e cena vegan in Ex Caserma Rossani (via Giulio Petroni 8/C)

English version

An international call for a week of action against speciesism, from October 30 and November 5, has been launched through social media. It encourages folks to carry out all kinds of actions, from street propaganda (paintings, posters, distribution of leaflets …) to workshops/forums and debates in your meeting spaces, to self-organizing various actions against specific businesses with the tools that each person may consider appropriate, to mass mobilizations and demonstrations. May each one be organized as it suits each one involved, and may they shake all the cages. In memory of Barry Horne and all the human and nonhuman victims of speciesism and domination.
Both individual and collective measures of struggle are valid; from diffusion actions to mobilizations.
Solidarity between species is not just a written word!

Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista (in more versions)

30 ottobre: Presidio Antifascista per la Liberazione Animale (italian/english)

Riceviamo e diffondiamo

In occasione della Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista, comunichiamo la nostra presenza al presidio in programma lunedì 30 ottobre, presso il tribunale di Milano in solidarietà e supporto ai/alle compagn* che quel giorno subiranno la seconda udienza in merito all’occupazione dello stabulario di Farmacologia dell’Università Statale avvenuta il 20 aprile 2013, e che permise la liberazione di 400 topi e un coniglio, oltre alla diffusione di documentazioni volte ad abbattere quel muro di omertà che ancora oggi permette di giustificare lo sfruttamento animale.
Gabbie che non sono solo le quattro pareti pesanti che contengono animali costretti a soffocare negli angusti ingranaggi del nastro trasportatore, prigioni senza luce, laboratori chiusi in muri scrostati da anni di unghie lacerate, zampe mutilate, ma sono qualsiasi stanza che abbia delle “sbarre”, fossero anche mentali.
La libertà è un dovere morale che spinge l’individuo a estenderla alle moltitudini senza termini o ostacoli di specie, pelle, colore o profumo. Fino a quando vi sarà un* di noi segregato non veniteci a parlare di diritti. I nostri diritti hanno la forma della lama che li nega ad altri.
I laboratori sono pieni di esseri falciati e lapidati per i “nostri” diritti, per allungare di un giorno le vite incatenate dei “Noi” che miopi, hanno le convinzioni della fratellanza e del rispetto, un rispetto a rate e a comando.
La ricerca scientifica sulla pelle di animali non umani svolta entro mura universitarie, poi, ha molteplici valenze: considerare individui alla stregua di strumenti, di cose, di beni utilizzabili a proprio piacimento, fa dell’università luogo ove si insegna ed inculca lo specismo nelle menti degli studenti; molto spesso la ricerca qui condotta è svolta in collaborazione con grandi gruppi farmaceutici, e con contributi da parte di aziende e fondazioni private come Telethon: laddove l’università dovrebbe essere la sede di un sapere democratico e libero, ecco che questo sapere, insieme alle menti degli studenti, viene svenduto e mercificato.
Complici e solidali con chi, vittima di un sistema repressivo che criminalizza i/le liberatori/rici legittimando chi della prevaricazione animale e umana fa la propria arma di controllo e manipolazione sociale, è costretto in prigionia o ridotto a mero oggetto commerciale.
Per la liberazione totale, contro ogni forma di schiavitù e sfruttamento dell’umano sulla Terra, dell’umano sull’animale, dell’umano su altr* uman*, fino a quando ci sarà sottomissione vi sarà ribellione: in memoria di Barry Horne, Jill Phipps, Clement Meric, Remì Fraisse e di tutte le vittime di fascismo, capitalismo e specismo.

Con la volontà di voler costruire un momento di piazza indipendente, autodeterminato e autorganizzato dal basso, libero da ogni simbolo partitico e associazionista, basato sui principi di antifascismo e, quindi, antispecismo.
Contro ogni atteggiamento gerarchico e discriminatorio, per un’iniziativa volta alla liberazione totale.

Militant* Antifascist* Antispecist*

English Version

In the event and in support of the International Week for Antispeciesist Action, we communicate the performance of a sit in, planned for the 30th of October, from 9 a.m., at the courthouse of Milan in solidarity with the comrades who, on that day, are going to be subjected to the second hearing regarding the occupation of the animal facility of the Department of Pharmacology of the State University of Milan, that occurred on the 20th of April of 2013, and that led to the liberation of 400 mice and a rabbit, in addition to the disclosure of the documentation, intended to bring down the wall of silence which still allows to excuse the exploitation of animals. The cages are not just that four heavy walls that contain the animals, forced to suffocate between the narrow gears of the conveyor belt, prisons without light, labs closed between walls that have been stripped for years by lacerated nails, mutilated paws, but they are every room that has bars, even mental ones. Freedom is a moral duty that urges the individual to extend it to the multitudes, without limits or barriers, regarding the species, the skin, the color or the scent. As long as there is still one of us who is imprisoned don’t talk to us about rights. Our rights have the shape of the blade which denies them to others. Labs are full of beings who are massacred and stoned to death for our rights, to extend, up to a day, our chained lives, the lives of the “Us” who are shortsighted, and have the convictions of brotherhood and respect, a controlled and dosed kind of respect. Furthermore, scientific research through the suffering of non human animals carried out within the walls of universities, has many valences: considering individuals as tools, objects, goods which can be used as it wishes, makes university a place where speciesism is taught and instilled in students’ minds; very often research performed at the universities is carried out in collaboration with big pharmaceutical groups and grants from companies and private foundations like Telethon: where university should be the base of free and democratic knowledge, there this knowledge, along with students’ minds, is sold off and commodified.
We are complicit and in solidarity with the ones who are victims of a repressive system that criminalise liberators, legitimising those who make their weapon of control and social manipulation out of the prevarication of non human and human animals; and who are subject to imprisonment or reduced to a mere commercial item. For total liberation, against any form of slavery and exploitation of Earth by humans, of animals by humans, and of humans by other humans, as long as there is submission there will be rebellion: in memory of Barry Horne, Jill Phipps, Clement Meric, Remì Fraisse and of all the victims of fascism, capitalism and speciesism. The sit in is independent, self-determined and self-organised with a grass-root approach, free from any symbol of parties and associations, based on the principles of antifascism and, therefore, antispeciesism.
Hierarchical and discriminatory attitudes are not going to be tolerated, consequently those who don’t respect the values of an initiative which aims to total liberation are going to be banished.

Presidio contro Benetton (comunicato in supporto alla R.I.E.D.P.M.)

Il fenomeno land-grabbing, o neo-colonialismo, è tra le principali cause di schiavitù umana e animale espresse dal capitalismo moderno.
Uno strumento di persecuzione utilizzato da diverse multinazionali allo scopo di assicurarsi il dominio sulle terre, spesso rappresentate da foreste primordiali, da convertire in monocolture intensive, aree industriali, allevamenti.
Un processo che vede complici anche molte aziende italiane, come la famiglia Benetton, che negli ultimi 40 anni ha colonizzato (attraverso varie forme di repressione delegate a terzi) 960.000 ettari della Patagonia argentina convertiti in pascoli per l’allevamento/schiavitù di 260.000 ovini 9.700 bovini e 1.000 cavalli. Area, questa, dalla quale proviene il 10% della lana prodotta dalla multinazionale in questione: circa 1.300.000 kg ogni anno.
Repressione che ha colpito e sta colpendo il popolo Mapuche, in una zona tristemente nota per il sempre crescente numero di desaparecidos vittime di regimi oppressivi spesso dettati dal capitalismo, come denunciato dalla Rete Internazionale in difesa del popolo Mapuche in merito alla recente scomparsa del compagno Santiago Maldonado e di cui riportiamo un’estratto dall’appello diramato.

Il 1 agosto 2017 nel Pu lof en resistencia a Cushamen, comunità mapuche in Argentina, c’è stata una violenta irruzione senza mandato di oltre cento gendarmi, che sono entrati sparando pallottole di gomma e piombo nella comunità, ed hanno sequestrato un solidale, Santiago Maldonado. Da quella data, di Santiago non si sa nulla. Per settimane lo stato ha negato la sua responsabilità per quanto successo.
Il territorio nel quale Santiago è scomparso, per lo stato argentino è di proprietà del gruppo Benetton, in realtà è terra che lo stato ha strappato alle popolazioni indigene durante la conquista del deserto(1872-1884), genocidio finanziato da compagnie inglesi che, a fine invasione, hanno ricevuto enormi quantità di territorio che Benetton ha comprato negli anni ’90.
Più i giorni passano e maggiore risulta il coinvolgimento di Benetton nella sparizione di Santiago Maldonado.
Pertanto invitiamo individualità, gruppi, spazi a manifestare il giorno 30 settembre 2017 nei vostri territori, secondo le forme e modalità che voi sceglierete. Chiediamo cortesemente che nelle attività non vi siano bandiere di partito.

Per la liberazione immediata di ogni vittima e schiav* del capitale, della Terra e dei/delle sue abitanti da ogni dinamica di dominio e prevaricazione, le seguenti realtà sostengono e aderiscono (come già fatto dal Collettivo antispecista ed antifascista torinese e la F.A.I. di Torino lo scorso 15 settembre con un presidio in città) alla manifestazione che si terrà il prossimo 30 settembre a Milano: dalle ore 15 alle ore 18 davanti al negozio Benetton di Corso Buenos Aires 19, angolo San Gregorio.

Contagio Antispecista
Collettivo antispecista ed antifascista torinese
Brescia Antispecista
Earth Riot
Agripunk
Oltre la Specie
Resistenza Animale
Antispecist* Libertar* Ferrara

Le altre iniziative in programma.

Settimana Internazionale per l’Azione Antispecista

In Italian, English, Spanish, Basque, French, Turkish, Kurdish, German and Portuguese versions

Appello internazionale per una Settimana di Azione Antispecista contro ogni espressione di dominio e prevaricazione, dal 30 ottobre al 5 novembre, è stato lanciato attraverso i social media.
Incoraggia i cittadini a svolgere ogni tipo di azione, dalla propaganda stradale (dipinti, manifesti, distribuzione di volantini) a laboratori/forum e dibattiti nei vari spazi di riunione affini a questa lotta, a organizzare varie azioni contro attività specifiche con gli strumenti che ogni persona può considerare opportuni, alle mobilitazioni e alle dimostrazioni di massa. Ognun* può partecipare e sentirsi coinvolto, al fine di scuotere ogni gabbia e simbolo di schiavitù.
In ricordo di Barry Horne e di tutte le vittime umane e non umane dello specismo e del dominio.
Sia le misure individuali che collettive di lotta sono valide; dalle azioni di diffusione alle mobilitazioni.

La solidarietà tra le specie non è solo una parola scritta!

Vi invitiamo a segnalarci le iniziative in programma, purché esse rispettino e rispecchino i valori imprescindibili di antifascismo (antirazzismo, antisessismo, antiomotransfobia), antiautoritarismo, anticapitalismo senza i quali l’antispecismo stesso non potrebbe esistere.
Vi aggiorneremo a nostra volta sulle mobilitazioni in programma a livello locale e internazionale.

English version

An international call for a week of action against speciesism, from October 30 and November 5, has been launched through social media. It encourages folks to carry out all kinds of actions, from street propaganda (paintings, posters, distribution of leaflets …) to workshops/forums and debates in your meeting spaces, to self-organizing various actions against specific businesses with the tools that each person may consider appropriate, to mass mobilizations and demonstrations. May each one be organized as it suits each one involved, and may they shake all the cages. In memory of Barry Horne and all the human and nonhuman victims of speciesism and domination.

Both individual and collective measures of struggle are valid; from diffusion actions to mobilizations.

Solidarity between species is not just a written word!

Versión en español 

Del 30 de octubre al 5 de noviembre, Semana internacional de acción contra el especismo

A través de redes sociales se ha lanzado una convocatoria internacional para una semana de acción contra el especismo, entre el 30 de octubre y el 5 de noviembre. Se anima a realizar todo tipo de acciones, desde propaganda en la calle (pintadas, carteles, distribución de panfletos…) hasta charlas y debates en vuestros espacios de encuentro y auto-organización, acciones diversas contra negocios especistas con las herramientas que cada cual considere apropiadas, o movilizaciones y manifestaciones. Que cada cual se organice como le convenga y agite contra todas las jaulas. En memoria de Barry Horne y de todas las víctimas humanas y no-humanas del especismo y de la dominación.

Las medidas de lucha tanto individuales como colectivas son válidas; desde acciones de difusión hasta movilizaciones.
¡La solidaridad entre especies no es solo palabra escrita!

Basque version

Urriaren 30etik azaroaren 5era arte, Ekintza Antiespezisten Nazioarteko Astea.

Sare sozialen bidez nazioarteko deialdi bat zabaldu da espezismoaren aurkako ekintzaren aste baterako, urriaren 30etik azaroaren 5a bitarte. Era guztietako ekintzak burutzera dei egiten dizuegu: kale-propaganda (pintaketak, kartelak, panfleto-banaketa… ), topagune eta auto-eraketa guneetan antolaturiko hitzaldi nahiz debateak, askotariko ekintzak negozio espezisten aurka bakoitzak komenigarri deritzen tresnekin, edo mobilizazio nahiz manifestazioak. Norbera nahi bezala antola dadila kaiola guztien aurka. Barry Hornen eta espezismoaren eta jazarpenaren biktimen omenez, izan gizaki nahiz ez.

Berdin balio dute neurri indibidual nahiz kolektiboek, difusio-ekintzek zein mobilizazioek.
Espezieen arteko elkartasuna ez da soilik idatzizkoa!

Français version

Un appel international pour une semaine d’action contre le spécisme, du 30 octobre au 5 novembre, a été lancé a travers les médias sociaux. Il encourage les gens à mener toutes sortes d’actions, de la propagande dans les rues (peintures, affiches, distribution de brochures …) à des ateliers / forums et des débats dans vos espaces de réunion, à l’auto-organisation de diverses actions contre des entreprises spécifiques avec les outils que chaque personne peut considérer approprié, aux mobilisations et aux manifestations de masse. Que chacun soit organisé comme il lui convient, et qu’ils agitent toutes les cages. En mémoire de Barry Horne et de toutes les victimes humaines et non humaines du spécisme et de la domination.

Toutes les mesures individuelles et collectives de lutte sont valides; des actions de diffusion aux mobilisations.

La solidarité entre les espèces n’est pas seulement un mot écrit!

Türkçe versiyon

30 Ekim ve 5 Kasım tarihleri arasında, türcülüğe karşı bir hafta süren uluslararası bir çağrı sosyal medya aracılığıyla başlatıldı. Sokak propagandasından (resim, afiş, broşür dağıtımı…) toplantı alanlarınızdaki atölye çalışmalarına/forumlara ve tartışmalara, her bireyin uygun göreceği araçlar ile belirli işletmelere karşı çeşitli eylemleri kendi kendine organize etmeye, kitlesel hareketlilik ve gösterilere kadar her türlü eylem insanları dışarıya taşımaya teşvik eder. Her birey ilgili olduğu kadar organize olabilirse, tüm kafesleri sarsabilirler.
Barry Horne’un, türcülüğün ve tahakkümün tüm insan ve insan olmayan kurbanları anısına.

Yayıncılık faliyetlerinden mobilize olmaya kadar , tüm bireysel ve kolektif mücadele çeşitleri geçerlidir.
Türler arası dayanışma boş bir laf değildir!

Kurdish Version 

Ji 30’yê Îlonê 5’ê Sermewazê ji bo ku li hemberî nifşperestiyê bangawaziya navnetewî haykırın. Ji propaganda kolan( wêne, afîş , belavkirina belavokan) xebatên atolyeyên li qadên we/ ji forum û gengeşiyan, herkes dikare li hemberî fîrmayan curbicur çalakiyên xwe bi amurên dest da çalakiyan bikarbîne û her çalakî wê mirovan teşwîk bike. Takekesek çiqas organîze bibe ; ewqas wê qefes wê bên şikestin.
Ji bo qurbanên nifşperestî yên mirov û nemirov ji bo bîranîna Barry Horne.
Ji xebatên çapemeniyê heya çalakbûnê, hemû cureyên têkoşînên takekesî û komî derbasdar e.
Hevkariya nifşperestan ne gotinek vala ye !

German Version

Internationale Woche für Antispeziesistische Aktionen vom 30. Oktober bis 5. November 2017
(from Contra-info)

Internationale Woche für Antispeziesistische Aktionen
Erweitert eure Ideen gegen die Ausbeutung von Tieren
Mobilisierung / Boykottaktionen / Verbreitung / Debatten / Aktionen
Die Solidarität zwischen den Spezien ist nicht nur ein geschriebenes Wort
In Erinnerung an Barry Horne und den Opfern von Speziesmus und Faschismus

Portuguese Version

Semana Internacional de Ação Contra o Especismo [30 de Outubro a 5 de Novembro]

Uma chamada internacional por uma semana de ação contra o especismo foi lançada para a semana de 30 de Outubro a 5 de Novembro. Apela-se à realização de todo o tipo de ações, desde a propaganda nas ruas (grafitis, pintadas, cartazes, distribuição de panfletos…), conversas e debates nos seus espaços de encontro e auto-organização, até a ações diversas contra negócios especistas – com as ferramentas que cada qual considere apropriadas – além de concentrações e manifestações. Que cada qual se organize como lhe convenha, individualmente ou em grupo, que se agite contra todas as jaulas. Em memória de Barry Horne e de todas as vítimas humanas e não humanas do especismo e da dominação.

As medidas de luta individuais e coletivas são válidas; das ações de difusão às mobilizações.

A solidariedade entre espécies não é só palavra escrita!

Fonte

Total Liberation Gathering: 28 – 29 – 30 luglio 2017

Animal and Human Resistance, struggle for the Earth

Riceviamo e diffondiamo la locandina che lancia l’incontro in programma ad Agripunk (realtà antispecista per la liberazione animale, umana, della terra) a fine luglio.
Un’occasione di confronto tra chi si batte contro ogni forma di prevaricazione e dominio, contro capitalismo e specismo, e quelle conseguenziali dinamiche dettate dal profitto che promuovono lo sfruttamento della terra, la schiavitù e mercificazione dell’animale non umano e umano.

Cogliamo l’occasione per segnalare la campagna internazionale lanciata recentemente dal rifugio di Ambra, e che proseguirà sino a fine settembre, #supportAgripunk: una raccolta fondi per sostenere una delle rare realtà antispeciste a battersi realmente e praticamente per la liberazione totale.

Azione diretta: antispecismo e derive qualunquiste

Quanto segue è uno scritto ricevuto per mail in versione anonima, ma potrebbe benissimo essere identificato come un manifesto dei valori caratterizzanti della lotta per la liberazione animale, e che con immenso piacere diffondiamo come fosse una boccata d’aria fresca.
Un’approfondita disanima in relazione a quello che, da qualche tempo, è stato identificato come “antispecismo debole” e di ciò che invece l’antispecismo politico dovrebbe rappresentare.

Azione diretta: antispecismo e derive qualunquiste
(Verso una necessaria convergenza delle lotte in una prospettiva, se pur complicata, di dialogo con le diverse individualità attive, per la liberazione totale)

La storia si ripete, non appena c’è un segno premonitore del radicalizzarsi di una lotta, ecco che spuntano i fossili del riformismo.
Questi giovani “guerrieri” carichi di rughe, invecchiati precocemente, ansiosi di far carriera, di aggiudicarsi un posto caldo nelle stanze del potere, si muovono nel raggruppamento che più gli è congeniale, parlando di rivoluzione, si, ma con moderazione, magari spedendo qualche email di protesta, oppure in campo, come ad esempio raccogliendo firme per poi scambiarle nelle sedi appropriate.
La forza della democrazia consiste nel mettersi in groppa del cavallo imbizzarrito, dopo averlo pesantemente domato, indirizzarlo verso la staccionata profumata della prigionia sociale e sotto il discreto, ma solerte controllo delle varie strutture della repressione annientarlo.
E’ quello che sta succedendo esattamente nell’ambiente cosidetto “animalista”, dove dopo anni di suppliche, raccolte di firme, discussioni da salotto davanti al camino, qualcun* si è stancato di stare a guardare lo sterminio ed è passato a praticare l’azione diretta liberando gli altri animali.
Ed ecco che bisogna frenare queste frange di “animalisti impazziti”, dargli una panoramica “limpida” di lotta istituzionale, indirizzarli verso una giusta e coerente battaglia neutrale, liberale e rappresentativa, insomma traghettarli verso le stanze da cui partono gli ordini stessi dello sterminio.
L’Azione diretta non può essere fraintesa, lo stesso termine è esente per principio da infiltrazioni regolamentate dal sistema, se no, crollerebbe ancora prima di materializzarsi come termine.
Come due sponde di un fiume, dove su ogni lato possono vivere ambienti completamente diversi, così i significati di “azione diretta” e “istituzione welfaristica”(cioè la tendenza reazionaria al mantenimento dell’oppressione) difficilmente potranno mai incontrarsi, divisi da acque tumultuose che non consentono, e mai lo faranno, un dialogo su concetti quali liberazione, lotta all’esistente, emancipazione.
Coloro che seguono la strada tortuosa dell’azione diretta sono disposti in linea di massima a dialogare sempre, eccetto con chi permette e mantiene il binomio “benessere-animali” dove per benessere s’intende gabbie più confortevoli (e non libertà del soggetto come l’etimologia del termine suggerisce) e per animali s’intendono soggetti minori (e non individui con pari diritti inalienabili alla vita), moltiplicando di fatto la sofferenza degli altri e ampliando quella forbice che detta le condizioni di chi, da una posizione privilegiata, mantiene la distanza stessa tra i viventi, etichettandoli, in una prospettiva antropocentrica dove eternamente si fonda la miserevole visione del Noi e loro.
La lotta per la liberazione animale non può essere svuotata della sua spinta generatrice di rispetto nelle diversità, nè tantomeno standardizzata a espressioni che di liberazione totale non hanno nulla.
Bisogna necessariamente volgere lo sguardo a chi, per antica tradizione o moderne opere di sfruttamento, è segregato contro la sua volontà e adoperarsi per la sua evasione, anche evidentemente qualora fosse imprigionato in castelli dorati.
Sempre più spesso si assiste a operazioni che delegittimano il lavoro svolto con fatica da attivisti genuini, che con il proprio sudore sul campo applicano l’antispecismo concreto diretto, delegittimati proprio da chi dovrebbe, per complicità solidale, appoggiarli.
Figli naturali del welfarismo reazionario, questi ultimi, moltiplicano il messaggio (attraverso articoli e manifestazioni in strada) che il mutuo aiuto nei confronti degli altri, umani e non, è inconciliabile con la politica (dove per politica intendono, creando confusione e nebbia, l’approccio indivisibile con l’autodeterminazione dei soggetti segregati e nello stesso tempo il teatrino partitico, mischiando in un solo cesto liberazione animale e riformismo).
Frasi come: <Agli animali non interessa la politica> o <Pur di ricevere aiuti economici bisogna aprirsi a tutti, compresi i fascisti>, non fanno altro che creare tensioni e smarrimento nelle altrui sensibilità, sensibilità che pronte a germogliare in direzione di una visione di lotta sincera antispecista, vengono recise da argomenti che ne strutturano il caos interpretativo, agendo da freno in una eterna omologazione sistemica.
Dire che la politica non può entrare quando si parla di liberazione animale è non solo pericoloso (poichè spalanca porte ben note, dove il Sistema attua, avendo strada libera, quelle che si chiamano “manipolazioni ad interesse”: cioè spingere il consenso riformista in profondità e stravolge così le istanze del movimento per la liberazione animale) ma anacronistico.
Se si vuole una liberazione totale dalle oppressioni la politica è cardine, colonna portante, viceversa si sposterebbe il pendolo solo su alcuni animali e non tutti. Il lavoro più arduo (che purtroppo è lapidato continuamente) è cercare di far comprendere l’antispecismo ( e la sua forza formidabile di cambiamento) e successivamente coinvolgere tutte quelle individualità che vogliono un mondo senza muri o reticolati, gabbie o sbarre, allevamenti o mattatoi senza distinzioni di specie.
Gli xenofobi, i fascisti, i razzisti non vogliono un mondo così, anzi lo combattono, per una sorta di supremazia razziale, dove vige la superiorità dell’umano che aiuta “disinteressatamente” gli altri animali in uno dei concetti più specisti che esistano.
Libertà è poter correre in sconfinati prati senza orizzonti, poter nuotare in mari senza reti, poter volare in cieli puliti, poter attraversare dogane, Stati o confini artificialmente costruiti, comprendere il dolore altrui e rispettarne le differenze nel corpo, il resto non è libertà è dominio, e fino a quando il dominio è espressione chiara e palese o celata e manipolata, la strada per la liberazione non sarà conclusa.

Due di voi: il veganismo che ci meritiamo

L’indifferenza a volte può rivelarsi uno strumento molto efficace per non dare adito a sterili polemiche o visibilità a personaggi che contribuiscono a sostenere e diffondere concetti la cui essenza è stata espropriata da tempo, svuotandoli di ogni significato e scopo originale, ma non è questo il caso.
La questione che vogliamo affrontare va discussa e denunciata perché utile a comprendere il precipizio nel quale il veganismo è caduto ormai da tempo, smarrito in quell’oceano di ricette, prodotti industriali, certificazioni, approcci salutistici o proposto in modalità “prova” come se si trattasse di un’automobile da restituire nel caso non si fosse soddisfatti della scelta fatta.
Tutti aspetti che, oltre a permettere la mercificazione degli ideali di liberazione, hanno portato alla creazione di personaggi la cui esistenza potrebbe tranquillamente passare inosservata, se non fosse per il seguito di discepoli che offrono loro visibilità, consegnandogli quella figura di testimonial di un veganismo che ormai è solo una parola vuota.

Per quanto voi vi crediate assolti siete pur sempre coinvolti (De Andrè)

Perché se vi domandate come tutto questo possa esser stato possibile e se volete individuare dei/delle colpevoli, non dobbiamo fare altro che guardarci tutti/e allo specchio.
Lo scopo ultimo del veganismo è ormai stato dimenticato, scansato da esultanze prive di significato per un prodotto vegan nei templi della grande distribuzione organizzata, per surrogati vegetali che ricordano quei prodotti frutto della schiavitù e dello sfruttamento animale, per la notizia di gabbie più grandi all’interno dei centri di detenzione dove gli animali continuano ad essere giustiziati a milioni ogni giorno.
Il punto di rottura è stato superato ormai da tempo, e ha condotto alla costituzione di due “movimenti” paralleli, dove da un lato c’è chi punta alla popolarità e scende a compromessi col sistema al fine di non perdere visibilità, e dall’altro c’è chi lotta per il cambiamento, sporcandosi realmente le mani senza curarsi delle conseguenze o di perdere seguito pur di raggiungere l’obiettivo più importante: la liberazione totale!
A tal proposito riportiamo la riflessione fatta da Ada Carcione in relazione alla questione “Innocenzi/Vissani” che, a nostro avviso, inquadra e sintetizza perfettamente la realtà nella quale stiamo facendo sprofondare il veganismo, sempre che non ci si svegli in tempo.

Mi vergogno quasi a dire di che cosa sto parlando, ma tant’è. Argomento del contendere è la foto che ritrae Giulia Innocenzi con lo chef Vissani e che è stata accompagnata, sul profilo della stessa Innocenzi, dalla frase “Vissani uno di noi”, o qualcosa del genere.
Premetto che non ho avuto modo di vedere il post originale né di seguire le polemiche per benino; perché non seguo né conosco la Innocenzi, ma ho letto nei toni di chi mi ha chiesto cosa ne pensassi un’acredine che ritengo ingiustificata.
Orbene, benedetto il cielo, chi è sta Innocenzi lo so, ma cosa rappresenti per voi non riesco proprio a capirlo.
Perché vi sentite delusi? Perché vi sentite traditi? Perché tutto questo desiderio di dissociarsi da lei e dal suo agire?
Qua sta il nodo.
Voi siete delusi, vi sentite traditi, vi siete premurati a dissociarvi e questo dipende dal fatto che ritenete la Innocenzi in qualche modo rappresentativa di un insieme e, cosa non meno importante, di quell’insieme voi ritenete di far parte.
Ma cosa vi aspettavate succedesse? Chi pensavate potesse rappresentare e come questo nulla assoluto che è oggi diventato il cosiddetto “veganismo”?
Su quale livello credevate potesse svolgersi un dibattito che più che a suon di ricette e vendita di prodotti non viene portato avanti da nessuno?
“La Innocenzi non è una di noi”, ho letto. E giù di proprietà transitiva per cui “Vissani non è uno di noi”.
Beh.
Io credo invece che lo siano entrambi, “due di voi”.
Sono entrambi volti perfetti, e insieme più che mai, per rappresentare il punto a cui è giunto il veganismo.
Questo veganismo non è un insieme nel quale mi riconosco e ritengo fenomeni del genere (non dico polemiche perché al termine polemica io conferisco accezione positiva) del tutto risibili e inutili ma soprattutto sintomatici del livello mediocre ormai raggiunto dai “vegani” italiani.
Con questo chiudo la questione ritenendo di non dover rispondere a nessuna sollecitazione ulteriore e soprattutto convenendo con chi ha affermato che i toni utilizzati da molti “vegani” nei confronti della Innocenzi siano stati esagerati e del tutto fuori luogo.
Se lei è dov’è, se può parlare e scrivere di certi argomenti, se può essere ospite di trasmissioni tv e simili come portavoce dell’insieme in questione, è solo e unicamente perché è stata sostenuta e sospinta dal nulla assoluto che è diventato il veganismo e dal fatto che -consapevolmente o meno- il più dei vegani italiani, in questo momento, alimenta questo tenore e questo livello di dibattito.
Mi spiace che le vostre energie siano ad oggi impiegate in questa direzione ostinatamente inconcludente alla quale – a 360 gradi – ritengo di non voler contribuire.