Riceviamo e diffondiamo il testo scritto da Melanzano s.p.a., un approfondimento in merito all’articolo Animalismo R.I.P. pubblicato dal Contagio lo scorso 25 maggio.
Una disamina che permette di chiarire la vera natura e le reali intenzioni delle realtà menzionate: la stretta collaborazione tra chi usa la lotta per la liberazione animale come trampolino elettorale e chi la vuole omologare a fini economici.
Il 20 maggio 2017, Michela Vittoria Brambilla si appropria indegnamente della parola movimento e della parola animalista (in un periodo in cui tutt@ si chiedono se esiste ancora un movimento animalista) e la trasforma nell’ennesimo mostro elettorale, propagandistico, mediatico e inverosimile di Berlusconi, riscopertosi appunto “animalista” grazie ad –udite udite- un cane.
Il lancio è stato preceduto da un video intitolato “Berlusconi salva 5 agnelli” che dovrebbe far capire immediatamente, dopo la visione del suddetto video, della paraculata assurda e della falsità della cosa anche solo per il fatto che in verità gli agnelli sono 3 ma nessuno sembra essere in grado di contarli (sarà colpa degli psicofarmaci che il sistema ci obbliga a prendere per riuscire a prendere sonno, grazie ai quali la gente ha smesso di contare le pecore per addormentarsi serena).
Lanciato questo video è partita la rincorsa all’agnello da parte di politici vari (sia per fare la figura dei salvatori sia per farselo al forno) e dei relativi sondaggi.
Il qualunquismo imperante ha decretato il Beeerlusca degno rappresentante di una nuova lotta per i diritti animali e ha permesso a lui e alla Bramby il lancio di questo partito di cui Silvio si dichiara socio fondatore annunciando fiero che “il neonato Movimento animalista avrà l’appoggio di Forza Italia”.
Questa è la prova che dal qualunquismo sono sempre i soliti ad emergere, o resuscitare in questo caso, con l’aggravante della presa di culo.
Ossia le dichiarazioni di come sia “un partito che nasce dal basso” oppure “un partito trasversale perché riunisce tutti gli amanti degli animali” quando non solo parte da uno dei più grandi e noti imprenditori/politici/intrattenitori del paese ma è pure schierato in maniera inequivocabile verso una ben chiara direzione.
Ma d’altraparte la Bramby è nota per essere particolarmente abile ad infiltrarsi dove altri hanno già fatto la maggior parte del “lavoro” agendo davvero dal basso.
Il programma infarcito di proposte trite e ritrite, ovvie, welfariste e applicabili solo a certe specie come al solito.
Una tra tutte, troviamo la proposta di regolamentazione e maggior controllo dell’allevamento intensivo di Innocenziano profumo e come nel caso della giornalista, che in una intervista ammette che il consumatore di carne dovrebbe essere il primo animalista (sputtanando ancora una volta questo povero termine), non viene fatto nessun riferimento alla questione fondamentalmente alla base della lotta allo specismo ossia… gli animali muoiono precocemente per soddisfare certe nostre esigenzeviziabitudini.
E qui si arriverebbe ad un nodo cruciale ossia più precisamente alla differenza tra animalismo e antispecismo.
Perché una differenza c’è ed è ora di ammetterlo.L’animalismo vuole leggi e diritti in difesa “dei più deboli tra i deboli” e “i senza voce”, l’antispecismo, almeno a modesto parere dello scrivente, è la lotta per chi e a fianco di, chiunque sia, è sottoposto a discriminazioni, sfruttamento e schiavitù.
Una delle azioni di lotta allo specismo è il non consumare derivati animali di alcun tipo, cosa che non necessariamente vale anche per l’animalismo.
Ma quando il “mangiare vegan” diviene di pubblico dominio e viene dato in pasto ai mass media, la questione politica viene fatta mettere in disparte dalla partitica (come nel caso del Movimento animalista) snaturando, istituzionalizzando e deridendo un concetto così anarchico e rivoluzionario come la Liberazione animale, ed ecco che il veganismo diventa un concetto aleatorio, redditizio e fine a se stesso.
Lo dimostra il fatto che a presentare la nascita dell’azzurro partito animalista c’era nientepopodimenoche il network Veganok.
Per chi non sapesse Veganok è un ente di autocertificazione a pagamento di recente pure “sposato” con Bioagricert che appone bollini su prodotti vegani.
Sarebbe molto utile se servisse ad identificare i prodotti vegani creati da aziende vegane condotte da persone vegane (come in parte anche fa).
Perde però di credibilità quando consente anche ad aziende non vegan l’adesione al disciplinare facendo si che possiamo trovare prodotti Vok distribuiti e prodotti da industrie e aziende che producono e commerciano anche carne e derivati animali vari.
Creando imbarazzanti malintesi tipo un bollino che finisce sull’etichetta del cioccolato al latte anziché in quella del fondente.
Errori comunque imputabili all’azienda stessa e non all’ente per carità… l’ente però dovrebbe vigilare un po’ più spesso… oppure considerare che non avrebbe di questi problemi se l’azienda fosse vegan e basta.
Dovunque finirebbe il bollino, sarebbe comunque nel giusto contesto.
Tornando alla vigilanza o alla sua voluta o non voluta assenza, la brama di distribuire bollini ha consentito la certificazione anche ad aziende a dir poco imbarazzanti… citiamo 2 esempi che abbiamo avuto modo di trovare a caso tra le centinaia di aziende certificate: la Tenuta San Jacopo (vino certificato Vok) e Pieve a Salti bio (cereali e legumi certificati Vok).
La prima appunto vende vino, hanno stanze per vacanze, organizzano eventi… insomma è un gran bel posto.
Camere meravigliose, menù suntuosi (e già il primo naso storto… menù non vegani….), immersa nella natura delle colline toscane offre ai suoi ospiti una serie di attività divertenti e rilassanti.
Due tra tutte: la pesca sportiva alle trote e le battute di caccia al cinghiale insieme alle squadre locali.
Per gli appassionati di pesca in acque dolci Fly fishing:
accompagnati come guida da un esperto pescatore, rinomato anche come rod maker, è possibile trascorrere – a pagamento – una giornata di pesca sulla tile water-Alto Tevere e sul fiume Nera utilizzando attrezzature tradizionale e in bamboo, con la possibilità di catturare trote e temoli.
Per la giornata completa , compreso trasporto e attrezzatura, il costo è di 250 euro per una persona e di 350 euro per due persone (i prezzi comprendono anche permessi e licenza).
Per gli appassionati di caccia: è possibile praticare la caccia al cinghiale aggregandosi come ospiti alle squadre autorizzate nei terreni circostanti la fattoria. È necessario essere in possesso delle autorizzazioni di legge.
Basta andare nel loro sito e guardare la sezione “attività”… c’è pure un bellissimo cinghialone nelle foto di testa.
L’altra simpatica e bucolica azienda agricola vende farro, grano, ceci, lenticchie insomma cereali e legumi di produzione propria certificati ed è anche agriturismo. Nel loro sito nella sezione “produzione” la prima vocina che esce nel menù a tendina però è “allevamento”.
“Nel periodo primaverile è già possibile vedere le nostre limuosine libere pascolare nei prati accanto ai cavalli del nostro maneggio. La mandria è composta mediamente da 30/35 femmine fattrici (vacche) ed un toro maschio. I bovini pascolano per un periodo che va dai 6 agli 8 mesi a seconda delle zone dedicate al pascolo ed alle condizioni climatiche.
La mandria viene lasciata al pascolo nel periodo primaverile e rientra in stalla ai primi freddi autunnali. Manze e vitelli rimangono con le fattrici fino all’età di 6/7 mesi dopo di chè le femmine vengono separate fino all’età di 18/20 mesi per poi tornare in mandria per il rinnovo. I Vitelli maschi vengono ingrassati e le loro carni utilizzate all’interno dell’agriturismo.
Credo che questo sia abbastanza eloquente e credo che, alla luce di quanto scritto da loro stessi, il dubbio sulle coltivazioni concimate con il letame di queste povere mucchine passi quasi in secondo piano.
Direi che quindi l’idea che hanno Berlusca e Brambilla dell’animalismo e del veganismo ben si sposa con la filosofia aziendale di Veganok.
Hai voglia poi di andare a fare i corsi di etica ai produttori…
Ci sarebbero altre aziende che hanno la certificazione per vino o pasta o verdure e che accanto al pesto di rucola Vok hanno quello di fagiano proveniente dal proprio allevamento avicolo, giusto per citare un altro esempio.
La cosa che rode è che tanti produttori davvero seri e che magari davvero lo fanno per etica, per morale, per questione politica insomma, non per questioni meramente pubblicitarie si accostano a questo sistema venendo ridicolizzati, evitati e boicottati.
Non capendo che nel momento in cui capitalizzi e monetizzi la liberazione, stai perdendo tu stesso la libertà e la forza della tua lotta per la liberazione stessa.
E tutto questo comunque non viene a casaccio…
Si sta creando apposta un’esasperazione mediatica atta a screditare e fagocitare questa lotta.
Basti vedere cos’è capitato al “povero cristo” che ha fatto il materasso vegano e ha avuto la geniale idea di farselo pure bollinare… manifesti strappati, pubblica gogna e pure sollevazioni popolari bipartisan, dai non vegani e dai vegani stessi.
Perché?
Perché ha davvero senso bollinare un materasso?
Perché non era più utile pubblicizzarlo per quello che è, ossia un materasso senza derivati animali (tipo la lana nel lato invernale) invece di aggiungere “ingredienti” ridicoli tipo alghe e soia e farselo bollinare?
Perché è davvero essenziale fare tutto sto casino per un materasso vegano?Tutto questo è solo un sintomo di una denigrazione che va avanti da tempo grazie a gente che casca nelle trappole di chi brandisce un salame e prende uno stipendio a seconda di quanti lo ascoltano.
Gente che va nella tv di stato a fare la figura dell’animalista che prima impartisce direttive per un presidio rispettoso, dai toni pacati, per fare informazione e poi sbraita in faccia al trasportatoreallevatoreimpellicciatocacciatore di turno vomitando tutti i luoghi comuni che hanno portato alle definizioni “nazianimalista” e “nazivegano”, pulendosi la faccia poi facendosi vedere in compagnia di persone dichiaratamente antispeciste, giusto per rimescolare ancora un po’ le carte e creare ulteriore confusione e ambiguità.
E all’antispecismo che rimane?
All’antispecismo rimane l’imbarazzo di non poter cacciare via gente a pedate da un presidio, rimane l’imbarazzo di vedere quello stesso bollino appiccicato ad un rifugio per animali da reddito, rimane l’imbarazzo di veder nascere la fotocopia della Società Scienza Nutrizione Vegetariana e di vedere tutto buttato sul piano salutista, rimane l’imbarazzo di dover sottostare a questo sistema continuando a partecipare a festival svuotati di ogni contenuto per provare a portare invano un po’ di suoni di liberazione arrivando ad un autolesionismo cosmico, l’imbarazzo di accettare eventi benefit per gli animali anche sapendo che il 75% va “benefit” al ristorante, rimane l’imbarazzo di dover fare la spesa e prendere per forza qualcosa con il bollino perché altro non c’è o costa un botto oppure l’imbarazzo di vedere quante e quali associazioni appoggiano queste 2 realtà: il Movimento della Bramby e il Veganok e l’imbarazzo di non sapere più in che piazza scendere per non confondersi con queste realtà.
Rimane l’imbarazzo di vedere presidi antifascisti con troppo poche bandiere verdenero e viceversa.
Ma le cose cambieranno perché dell’imbarazzo, dei politici e dei marchietti ci siamo un po’ stancati.Melanzano s.p.a. (stanchi però arrabbiati)